venerdì 6 novembre 2015

30) L’avvento degli Uomini con il Sole e la fine delle Ere delle Stelle


È giunto il tempo prestabilito da Ilùvatar per l’arrivo degli Uomini sulla Terra. Per qualche motivo non noto, forse per la separazione dei Valar con l’Occultamento di Valinor, Arda comincia a discostarsi dall’Eden sovrannaturale che era stata sino ad allora e comincia ad assomigliare al pianeta che conosciamo noi. Forse è la presenza degli Uomini a renderla tale? Il mutamento è plasmato dall’arrivo della “mortalità”, caratteristica degli Uomini e non degli Elfi: i cicli vita-morte si accelerano, la vita stessa diviene più rapida e “brulicante”, distaccandosi da quei ritmi lenti, placidi e ieratici delle ere in cui gli dei si mescolavano ai figli di Ilùvatar. Forse questa accelerazione verso la vita è data dal Sole: si dice infatti che gli anni del Sole erano molto più rapidi di quelli degli Alberi. Nonostante abbia luogo una nuova Primavera, fitta di vita, da certe espressioni non positive (“l’aria si fece pesante degli aliti della crescita e della mortalità”, “il mutare e l’invecchiare”) non possiamo fare a meno di associare a questa nuova Arda un sentimento di nostalgia per le Ere delle Stelle, le Ere degli Elfi, che vanno declinando. In questo modo Il Silmarillion appare come una Bibbia dalla visione Elfo-centrica e, a mio parere, instilla il desiderio nel lettore di appartenere alla Stirpe degli Elfi, ma su questa mio opinione si potrebbe ampiamente discutere: voi che state leggendo preferireste essere Uomini o Elfi?

“Si computarono da allora gli Anni del Sole. I quali sono più rapidi e brevi che non i lunghi Anni degli Alberi in Valinor. In quel periodo l’aria della Terra-di-mezzo si fece pesante degli aliti della crescita e della mortalità, e il mutare e l’invecchiare di tutte le cose straordinariamente s’accelerò; la vita brulicò sul suolo e nelle acque durante la Seconda Primavera di Arda, e gli Eldar si moltiplicarono, e sotto il nuovo Sole il Beleriand divenne verde e bello.”

Ancora una volta la nascita di una nuova Stirpe avviene attraverso un “risveglio”, parallelo a quello in cui gli Elfi si svegliarono sotto la luce delle stelle:

“Al primo alzarsi del Sole, i Figli Minori di Ilùvatar si destarono nella contrada di Hildórien, nelle regioni orientali della Terra-di-mezzo; il primo Sole, però, ascese in Occidente e, aprendosi, gli occhi degli Uomini a esso si volsero, e i loro piedi, com’essi s’aggiravano sopra la Terra, per lo più mossero a quella volta.”

A riprova del fatto che Il Silmarillion è una narrazione Elfo-centrica, segue un lungo elenco di nomi con i quali gli Elfi si riferirono agli Uomini: molte di queste espressioni non sono per nulla lusinghiere e rivelano come gli Elfi considerassero strana e negativa sia la mortalità degli Uomini sia la loro paura per il buio della notte, che tanto invece loro amavano. I nomi meno negativi sottolineano comunque che gli Uomini sono arrivati dopo di loro:
“Atani essi furono denominati dagli Eldar, cioè il Secondo Popolo; ma li chiamarono pure Hildor, i Successivi, e con molti altri nomi: Apanónar, gli Ultimi Nati, Engwar, i Malaticci, e Fìrimar, i Mortali; e li denominarono Usurpatori, Stranieri e Imperscrutabili, i Maledetti-da-sé, i Manigrevi, i Temi-la-notte, i Figli del Sole.”

Gli Uomini non hanno avuto contatti con i Valar, che non li hanno invitati a raggiungere Valinor, e anzi appaiono loro come oscure Potenze incomprensibili. Questa è in effetti la visione a noi nota degli Dei in epoche antiche. Solo Ulmo, il Vala del mare e di tutte le acque, ha a cuore il destino degli Uomini e cerca di mantenere con loro una comunicazione, che tuttavia non è compresa, rivelando come gli Uomini appaiano ottusi e legati alla Terra:

“Ciò non toglie che Ulmo si prendesse cura di loro, assecondando la volontà e gli intendimenti di Manwë; e spesso i suoi messaggi giungevano agli Uomini per via di correnti e flussi. Ma gli Uomini mancano di perizia in faccende del genere, e tanto più in quei giorni, prima di mischiarsi agli Elfi. Per cui amavano le acque, e i loro cuori ne erano sommossi, ma non ne comprendevano i messaggi.”

Di nuovo una visione Elfo-centrica: la voce del narratore esprime il punto di vista degli Elfi, che si chiedono con curiosità quale sia il destino degli Uomini, per natura mortali, visto che loro, diversamente, vivono per sempre o, in caso se ne provochi innaturalmente la morte, raggiungono le Aule di Mandos:

“Gli Uomini invece erano più fragili, più facilmente uccisi da armi o incidenti, e meno facile ne era la guarigione; erano soggetti alla malattia e a molti morbi, e invecchiavano e morivano. Non sanno gli Elfi che cosa ne sia dei loro spiriti dopo il decesso. V’è chi dice che vadano nelle aule di Mandos; ma il loro luogo di attesa quivi non è lo stesso degli Elfi e, sotto Ilùvatar, Mandos solo, e con lui Manwë, conoscono dove vanno dopo il tempo della radunanza in quelle silenziose aule presso il Mare Esterno. Nessuno è mai tornato dalle case dei morti, con l’unica eccezione di Beren figlio di Barahir, la cui mano aveva toccato un Silmaril; ma in seguito egli mai parlò con Uomini mortali. Può essere che, dopo il decesso, il fato degli Uomini non sia nelle mani dei Valar, né tutto è stato predetto nella Musica degli Ainur.”

Sul destino mortale degli Uomini, visto come dono e opportunità, piuttosto che come elemento negativo, torneremo in un post dedicato all’argomento.

In seguito tuttavia gli Uomini divennero amici degli Elfi Scuri, così detti perché non avevano mai raggiunto Valinor durante la migrazione: non avendo mai avuto contatti con i Valar, anche loro li consideravano come entità lontane e imperscrutabili. Vi fu perciò un lungo tempo in cui Elfi e Uomini strinsero grandi alleanze. Vedremo come Finrod Felagund incontrerà gli Uomini, che lo seguiranno fedelmente e combatteranno per lui: per la riconoscenza verso un Uomo - Barahir - Finrod seguirà il figlio Beren nella sua epica riconquista di un Silmaril, venendo in fine ucciso per difenderlo da Sauron!

Al termine del capitolo però torna quella nota malinconica sulla scomparsa degli Elfi dalla Terra, quasi dovuta agli Uomini che con la loro presenza finirono con il soppiantarli. Ma la speranza viene dal fatto che Uomini ed Elfi in alcuni casi unirono le due Stirpi, generando tra i più grandi eroi che siano mai vissuti:

“In tempi successivi, quando, a cagione del trionfo di Morgoth, Elfi e Uomini si estraniarono, cosa che sommamente quegli bramava, coloro della razza elfica che ancora vivevano nella Terra-di-mezzo declinarono e languirono, e gli Uomini usurparono la luce del sole. Allora i Quendi (gli Elfi, ndr) migrarono nei luoghi solitari delle grandi terre e isole e si affezionarono al lume di luna e stelle, ai boschi e alle caverne, divenendo quali ombre e memorie, salvo coloro che ogni tanto facevano vela per l’Occidente e sparivano dalla Terra-di-mezzo. Ma, all’alba degli anni, Elfi e Uomini erano alleati e si consideravano consanguinei, e vi fu tra gli Uomini chi apprese la sapienza degli Eldar e divenne grande e valente tra i capitani dei Noldor. E la gloria e la bellezza degli Elfi, siccome il loro destino, erano toccati in retaggio ai rampolli di elfi e mortali Eärendil ed Elwing, nonché a Elrond loro figlio.”
 

29) Una guida geografica




In questa mappa è possibile capire meglio la disposizione delle terre in Arda, almeno sino al tempo prima della caduta di Nùmenor.
Le terre a Ovest sono il Reame Beato dei Valar: si possono vedere chiaramente le catene montuose delle Pelóri e la barriera di Isole Incantate poste nel mare dopo l’Occultamento.
Muovendoci verso destra notiamo nel Grande Mare in basso una grossa isola a forma di stella: è Nùmenor, che per ora non esiste ancora e verrà creata in futuro.
Il continente a destra del Mare è la Terra di Mezzo. Una precisazione importante che aiuta a orientarsi per quanto riguarda il concetto di Terra di Mezzo de Il Signore degli Anelli: la Terra di Mezzo descritta in quest’ultimo è solo l’area chiara segnata sulla mappa. La parte segnata con lo stesso colore del mare (come se non esistesse più) è quella in cui si svolgono principalmente le storie de Il Silmarillion: durante l’ultima grande guerra, la Guerra d’Ira, essa fu sprofondata per sempre nel mare.
Dopo la caduta di Nùmenor inoltre l’ubicazione del Reame Beato subirà un mutamento così profondo da alterare addirittura la forma di Arda: fino a prima di tale evento la Terra era… piatta!! Dopo l’affronto di Nùmenor, con il tentativo di conquista nei confronti della terra degli dei, questi decideranno addirittura di “staccare” il Reame dal resto della Terra, ponendolo nel cielo e rendendo il pianeta rotondo, in modo che chiunque cercasse di raggiungere Valinor per mare… finisse per tornare sui propri passi circumnavigando Arda!!! Che il fatto che la Terra sia rotonda perché i Valar hanno deciso di staccare Valinor e renderlo irraggiungibile dal resto del pianeta è un’altra idea pazzesca della cosmogenesi Tolkieniana!
A Frodo e agli ultimi Elfi rimasti, che dopo la Guerra dell’Anello decideranno di lasciare per sempre la Terra di Mezzo, verrà concesso di raggiungere Valinor attraverso la Strada Diritta, l’unico sentiero nel Cielo che consente ancora di raggiungere l’antica terra dei Valar.

28) L’Occultamento di Valinor. I Valar decidono di separare e nascondere Valinor dal resto del Mondo: a nessuno sarà più consentito raggiungere il Reame Beato. Solo in un futuro molto lontano qualcuno di molto speciale potrà infrangere il divieto


 
Morgoth tentò di attaccare Tilion, la Luna, “mandandogli contro spiriti d’ombra, e vi fu contesa in Ilmen sotto i sentieri delle stelle. Ma Tilion ne uscì vittorioso.” A quel punto i Valar decisero di ritirarsi per sempre nel loro Reame Beato e di non curarsi più della Terra di Mezzo, alla quale avevano fornito luce con i due nuovi astri.
I Valar fortificano le pendici delle Pelóri, le loro montagne, rendendole invalicabili. Resta solo il passo del Calacirya, eternamente controllato da sentinelle. Nel vasto mare che in questa era separa Valinor dalla Terra di Mezzo, prima percorribile via nave (come fece Fëanor dopo aver sottratto i vascelli dei Teleri) creano le Isole Incantate, in cui tutti i marinai d’ora in poi si perderanno in incantesimi di smarrimento. Da ora in avanti a nessun essere vivente verrà consentito di porre piede in Valinor. Ma il passo termina con una visione di un evento futuro, che ci svela che un giorno qualcuno di straordinario avrà l’ardire e il permesso (per il suo valore e la sua nobiltà) di raggiungere di nuovo il Reame delle Potenze divine. La profezia che riguarda questo personaggio eccezionale verrà ripetuta più volte lungo tutta la narrazione, sottolineando come dall’unione di stirpi nobili e valorose discenderà questo “prescelto”: sul suo arrivo si fonderanno molti presentimenti e profezie, creando un’aspettativa profetica “sacrale”. (Non anticipiamo altro sul “prescelto” per non rovinare la sorpresa e la suspense che ruotano attorno a questo personaggio).
Ancora una volta il riferimento di Tolkien a “canti” celebrativi di questi eventi, noti a tutti e radicati nella tradizione, ci cala pienamente nel patto narrativo, inducendoci a credere che tutti questi eventi siano realmente accaduti.

“E in quello stesso tempo, che nei canti è detto Nurtalë Valinóreva, l’Occultamento di Valinor, furono fondate le Isole Incantate e i mari attorno a loro vennero riempiti di opacità e smarrimento. E codeste isole erano raccolte come in una rete nei Mari Ombrosi dal nord al sud, e chi navighi verso ovest le incontra prima di Tol Eressëa, l’Isola Solitaria. Difficilmente un vascello poteva passare tra esse, ché nei perigliosi stretti le onde eternamente frusciavano su scure rocce avvolte in bruma. E, al crepuscolo, una grande stanchezza calava sui marinai, e una ripugnanza per il mare; e tutti coloro che mettevano piede sulle isole vi restavano intrappolati, a dormire sino al Mutamento del Mondo. E così accadde che, come Mandos aveva predetto loro in Araman, il Reame Beato fosse precluso ai Noldor; e dei molti messaggeri che in seguito fecero vela per l’Occidente, nessuno mai giunse in Valinor - salvo uno solo: il forte marinaio celebrato nei canti.”

L’Occultamento di Valinor perdurerà anche oltre l’avvento di questo personaggio eccezionale, continuando a negare l’accesso alla terra degli dei: dal tentativo di infrangere questo divieto deriverà la distruzione di Nùmenor, dalla cui stirpe discenderà Aragorn.
 

mercoledì 4 novembre 2015

Tilion, il cacciatore che porta la Luna


"Tilion però era un cacciatore della schiera di Oromë, ed era munito di un arco d’argento. Amante di questo metallo egli era, e quando voleva riposarsi, abbandonava i boschi di Oromë e, portandosi in Lórien, giaceva sognante presso gli stagni di Estë, ai raggi tremuli di Telperion; ed egli implorò che gli fosse affidato il compito di custodire per sempre l’ultimo Fiore d’Argento."

Tilion 

27b) Arien e Tilion, una fanciulla ed un cacciatore divini, condurranno Sole e Luna percorrendo ciclicamente la volta celeste




Non volendo interrompere la bellezza del passo di Tolkien, inserirò prima un commento, con poche citazioni, e lascerò poi la lettura integrale di un estratto del capitolo.

Due figure divine di straordinario fascino vengono incaricati di condurre Luna e Sole: si tratta rispettivamente di Tilion, il cacciatore, e di Arien, la fanciulla spirito di fuoco.
Le spiegazioni “scientifiche” del percorso di Sole e Luna sono talmente poetiche e al contempo “verosimili” da farci desiderare di pensare che davvero lassù ci siano questi due esseri che trasportano i due corpi celesti… e di poter pensare che ogni volta che alziamo gli occhi al cielo stiamo vedendo davvero gli ultimi due frutti di Telperion e Laurelin!

La prima ascesa in cielo dei due astri è un momento di straordinaria, potente bellezza.
Ricordiamo che la Terra in questa fase è piatta! Varda inizialmente vorrebbe che Sole e Luna navigassero in senso opposto da est a ovest, incontrandosi al centro. Però Tilion, il guidatore della Luna, è affascinato dalla bella Arien e vuole inseguirla, per cui non tiene il passo voluto. Inoltre i Valar lamentano che vi sia troppo trambusto in cielo a causa della caccia di Tilion e che le stelle siano oscurate da tutta questa luce. Per questo motivo Varda modifica il percorso dei due e lo rende simile a come è oggi, creando anche il ciclo giorno-notte. Tuttavia Tilion, il cacciatore, cercherà sempre di raggiungere l’amata Arien e questo dà spiegazione del corso irregolare della Luna e addirittura delle eclissi, in un passo bellissimo:

“Tilion, però, procedeva con incerto passo, come fa tuttora, ed era pur sempre attratto da Arien, come sempre sarà; sicché sovente accade che entrambi siano visti assieme sopra la Terra, e che a volte egli tanto le si accosti, che la sua ombra ne esclude la luce, e nel bel mezzo del giorno succeda la tenebra.”

Vengono anche date spiegazioni poetiche su come i due corpi celesti “spariscano” dal cielo sopra la Terra, andando a riposarsi al di sotto di essa, e sul fenomeno luminoso del tramonto nel mare:
“Varda […] concesse un tempo in cui il mondo avesse ancora ombra e mezza luce. Anar (il Sole, ndr) riposava quindi per un tratto a Valinor, giacendo sul freddo seno del Mare Esterno”
“Ma le acque del Mare Esterno furono rese calde da Anar e risplendettero dei colori del fuoco, e Valinor ebbe luce per qualche tempo dopo il passaggio di Arien”

Notevoli anche l’idea secondo cui in realtà la Luna sia sorta prima del Sole - essendo Telperion l’Albero primogenito - e l’associazione del Sole con una figura femminile e della Luna con una figura maschile, antitetica alla nostra visione comune. Come vedremo nel post successivo, l’ascesa del Sole segnerà l’avvento dell’era degli Uomini e il declino delle ere degli Elfi, amanti della notte e delle stelle. Bellissima il collegamento con gli eventi “reali” che conosciamo: queste cose avvengono mentre Fingolfin entra nella Terra di Mezzo, dopo essere stato tradito e abbandonato dal fratello Fëanor. A mio parere la straordinaria efficacia di questo passo è proprio da ricercare nel fatto che questa associazione con eventi “contingenti” fa apparire ancora più reale la nascita dei due astri, e non frutto di pura leggenda mitologica persa nelle antiche sfere del tempo!

Di grande effetto anche le reazioni di Morgoth al sorgere di queste immense fonti di luce. La luce è sempre portatrice di una nuova vita che lentamente comincia a germogliare: ogni volta che una fonte di luce si è mostrata su Arda, i semi di vita che Yavanna pose sulla Terra si risvegliano.
Una piccola nota di malinconia ci ricorda infine che, per quanto Sole e Luna appaiano ai nostri occhi come gli astri più lucenti a noi noti, tuttavia non valgono a pareggiare la luce che fu un tempo degli Alberi. Non conosceremo mai più una simile luce, che non possiamo nemmeno immaginare. La “realtà reale” di Tolkien ci assicura che ancora oggi quella luce sopravvive solo nei Silmaril!

Ed ecco come promesso un estratto del passo, che tuttavia consiglio di leggere interamente:

“Isil il Chiarore, così in antico i Vanyar chiamarono la Luna, fiore di Telperion sbocciato in Valinor; e il Sole lo denominarono Anar, il Fuoco Dorato, frutto di Laurelin. Ma i Noldor li indicavano anche come Rana, il Caparbio, e Vasa, il Cuore di Fuoco che ridesta e consuma, che il Sole è stato posto come segno del sorgere degli Uomini e del declino degli Elfi, laddove la Luna ne serba memoria.
La fanciulla che i Valar scelsero di tra i Maiar per guidare il vascello del Sole era chiamata Arien, e Tilion era colui che guidava l’isola della Luna. Ai tempi degli Alberi, Arien aveva atteso ai fiori d’oro nei giardini di Vàna, adacquandoli con le lucenti rugiade di Laurelin; Tilion però era un cacciatore della schiera di Oromë, ed era munito di un arco d’argento. Amante di questo metallo egli era, e quando voleva riposarsi, abbandonava i boschi di Oromë e, portandosi in Lórien, giaceva sognante presso gli stagni di Estë, ai raggi tremuli di Telperion; ed egli implorò che gli fosse affidato il compito di custodire per sempre l’ultimo Fiore d’Argento. Più possente di lui era Arien la fanciulla, che era stata scelta perché non aveva temuto gli ardori di Laurelin, che nessun male le facevano poiché sin dall’origine era stata uno spirito di fuoco, da Melkor non irretito né sedotto al proprio servizio. Troppo lucenti erano gli occhi in Arien perché persino gli Eldar li fissassero e, lasciando Valinor, essa abbandonò la forma e gli indumenti che a guisa dei Valar ivi aveva indossato, e fu una nuda fiamma, terribile nella pienezza del suo splendore.
Isil venne fabbricato e approntato per primo, e per primo si levò nel reame delle stelle, e fu il più anziano dei nuovi luminari, come Telperion lo era stato degli Alberi. Ed ecco che, per un certo tempo, il mondo ebbe la luce della Luna, e molte cose si sommossero e risvegliarono, che a lungo avevano atteso nel sonno di Yavanna. I servi di Morgoth rimasero sbigottiti, ma gli Elfi delle Terre Esterne levarono all’insù sguardi felici; e mentre la Luna si alzava vincendo la tenebra in occidente, Fingolfin fece dar fiato alle sue trombe d’argento e iniziò la marcia nella Terra-di-mezzo, e le ombre dei suoi seguaci si allungavano nere loro dinanzi.
Tilion aveva attraversato il ciclo sette volte, ed era pertanto nel più remoto oriente, quando il vascello di Arien fu pronto. Allora Anar ascese in gloria, e la prima aurora del Sole fu come un grande fuoco sopra le torri delle Pelòri: le nubi della Terra-di-mezzo ne vennero accese e si udì il suono di molte cascate. E Morgoth restò invero sgomento, e calò nelle più remote pro- fondità di Angband e ritirò i suoi servi, esalando gran fumo e scure nubi per nascondere la sua terra alla luce dell’Astro diurno.
Pertanto, da allora i Valar computarono i giorni, fino al Mutamento del Mondo, secondo l’andare e il venire di Anar. Tilion infatti di rado indugiava in Valinor, ma più spesso sorvolava rapido sulle regioni occidentali, Avathar, Araman o Valinor, sprofondando nell’abisso oltre il Mare Esterno, per poi proseguire da solo tra le grotte e le caverne alle radici di Arda. Quivi sovente a lungo vagava, riapparendo in ritardo.
[…]
Ma né il Sole né la Luna valgono a ricordare la luce di un tempo, quella emanata dagli Alberi prima che fossero tocchi dal veleno di Ungoliant: quella luce oggi sopravvive soltanto nei Silmaril.”
 

27a) I Valar creano la Luna e il Sole dagli ultimi due fiori di Telperion e Laurelin


Questo capitolo è un cristallo perfetto di pura bellezza, per cui consiglio vivamente di leggerlo per intero: Capitolo XI dell’opera originale. Qui verrà diviso in due post (27a,b).

Le scene mitologiche della nascita della Luna e del Sole e le “spiegazioni scientifiche” del perché i due corpi celesti attualmente percorrano queste orbite nel cielo sono a mio parere una delle cose più belle e poetiche che si possano trovare nel panorama letterario mondiale, al punto di farci desiderare che le cose siano andate davvero così.

Ancora una volta torniamo a quell’atmosfera di arcana creazione ancestrale e ancora una volta è straordinario immaginare quale sia stata l’origine dei due più importanti elementi della nostra volta celeste, secondo la visione poetica Tolkieniana. Siamo abituati a pensare a un sistema solare in cui – ovviamente – la nostra Stella e i pianeti tutti, con i loro satelliti, si creano roteando nello spazio contemporaneamente. Non vi è Terra senza Sole e Luna. Nell’immaginifica, fantastica Creazione di Tolkien invece, come abbiamo già detto, possiamo sognare di una Terra senza Sole, immersa in una notte eterna, sotto la luce splendente delle stelle. Ricordiamo che il primo tentativo di illuminare il Pianeta furono i Luminari, distrutti da Melkor (post 4) e che l’unica altra fonte di luce in seguito fu prodotta dagli Alberi di Valinor (post 5), che illuminavano solo il Reame Beato al di là dei Monti Pelori. Dopo la distruzione degli Alberi, nuovamente tutta Arda ripiomba in un buio crepuscolare.
A questo punto i Valar decidono di tentare con tutto il loro potere di rianimare gli Alberi morenti. Il loro desiderio è animato anche dalla preoccupazione di donare luce ad Arda, per proteggere gli Elfi rimasti nella Terra di Mezzo e in vista dell’arrivo degli Uomini, in un’era in cui l’ombra di Morgoth tornerà sempre più maligna.
In una scena struggente, in cui ancora una volta amiamo profondamente gli Alberi, un piccolo miracolo di speranza risorge:

“Manwë ordinò a Yavanna e a Nienna di far ricorso a tutti i loro poteri di crescita e guarigione; ed esse li indirizzarono tutti sugli Alberi. Ma le lacrime di Nienna non valsero a guarirne le ferite mortali; e a lungo Yavanna stette a cantare sola tra le ombre. Pure, proprio mentre la speranza veniva meno e il canto smoriva, Telperion alla fine produsse, da un ramo senza foglie, un unico grande fiore d’argento, e Laurelin un solo frutto d’oro.
Yavanna li spiccò; e poi gli Alberi perirono, e i loro tronchi senza vita ancora stanno in Valinor, memoriale di gioia scomparsa.”

Tutti i Valar collaborano alla creazione e con l’intervento di Varda, la più grande dea del Cielo, un grande dono viene fatto alla Terra. Tolkien ci fa pensare che sia tutto vero, perché cita un noto canto in cui si narrano questi accadimenti:

“Il fiore e il frutto, Yavanna li diede ad Aulë, e Manwë li santificò, e Aulë e la sua gente costruirono vasi in cui tenerli e preservarne la radianza, come si narra nel Narsilion, il Canto del Sole e della Luna. Quei vasi i Valar li diedero a Varda, sì che potessero diventare luminari del cielo tali da eclissare le antiche stelle, essendo più vicini ad Arda; e Varda conferì loro il potere di attraversare le regioni inferiori di Ilmen, e li impulse a correre lungo precisi itinerari, sopra la cintura della Terra, da Occidente a Oriente, per poi tornare.”

Il Sole e la Luna, da Laurelin e Telperion

26) La Prima Battaglia delle Guerre del Beleriand - Melian protegge il Regno del Doriath con una Cintura di Incantesimi.


Siamo al momento in cui Ungoliant uccide gli Alberi e si rifugia nei Monti di Terrore (v. post nro 16). Morgoth raduna un orrendo esercito di Orchi e attacca Thingol: è la prima Battaglia del Beleriand. Thingol viene soccorso da un’altra tra le stirpi di Teleri che durante la migrazione verso Ovest si era attardata nella Terra di Mezzo: i Nandor, sotto la guida di Denethor (da non confondere con Denethor, uomo, padre di Boromir e Faramir, Sovrintendente di Gondor). Purtroppo questo valoroso popolo è armato alla leggera e viene distrutto dall’orda di Orchi: Thingol vendica Denethor personalmente, facendo strage dei nemici ed ammucchiando corpi di Orchi. Dai superstiti del popolo di Denethor naque la schiera dei famosi Elfi Verdi, così detti per il fatto di essere vestiti del colore delle foglie (Legolas era un Elfo Verde, quindi apparteneva alla stirpe dei Teleri).

La pace che regnava tra queste miti stirpi Elfiche è deturpata dal ritorno in forza di Morgoth: le guerre che prendono il loro avvio con questo attacco distruggeranno per ere l’armonia della Terra di Mezzo. Il preavviso dell’orrore che si sta per abbattere sulla Terra di Mezzo, portato dall’orrendo urlo di Morgoth stritolato da Ungoliant, risuona con il cupo eco della morte alle orecchie di questi Elfi, abituati a vivere in un mondo armonioso e pacifico. Ci sembra di vedere il loro sguardo spaventato, mentre drizzano le nobili e fiere orecchie al suono del terribile grido di Morgoth:
“Accadde però, alla fine, che il termine della felicità fosse vicino, e che il meriggio di Valinor stesse avviandosi al crepuscolo […] il grande urlo cacciato da Morgoth echeggiò per tutto il Beleriand, e quivi non fu chi non si facesse piccino per la paura; perché, sebbene non sapessero che cosa presagisse, avevano udito l’araldo della morte.”

Le scene - molto familiari ai fan de Il Signore degli Anelli - degli Orchi che giungono ad infestare in modo deturpante la Terra di Mezzo, orrendi sciami creati nella tenebra e nella sete di morte, come una lenta malattia che si infiltra nel silenzio, hanno qui la loro prima origine:

“Ora, gli Orchi che si moltiplicavano nella tenebra della terra crebbero in forza e in ferocia, e il loro scuro signore li colmò di brama di rovina e morte; ed essi sortirono dalle porte di Angband al riparo delle nuvole inviate da Morgoth e in silenzio penetrarono negli altopiani del nord, donde all’improvviso un grande esercito piombò nel Beleriand e assalì Re Thingol”

Melian, la divina Maia Regina e moglie di Thingol, sa che non vi sarà più pace in queste terre e crea la Cintura: un potente incantesimo che circonda il regno con una barriera impenetrabile, che perdurerà sino al compimento del destino di questo popolo:

“Melian fece ricorso al proprio potere e cerchiò quel dominio tutt’attorno con un invisibile muro d’ombra e smarrimento: la Cintura di Melian, che nessuno in seguito potè oltrepassare contro la sua volontà o quella di Re Thingol, a meno di non essere dotato di un potere maggiore di Melian la Maia. E questa terra interna, che a lungo fu detta Eglador, venne in seguito denominata Doriath, vale a dire il regno vigilato, Terra della Cintura”

Questi eventi accaddero in contemporanea con il deplorevole furto ed incendio delle navi dei Teleri da parte di Fëanor (post 19-20)


Ted Nasmith 

25) Il Regno celato degli Elfi Sindar: Thingol fa costruire Menegroth dai Nani



Il nome Elu Thingol significa Re Mantogrigio, ed è il nome che il popolo di Elfi Teleri rimasti nella Terra di Mezzo alla guida di Elwë diede al proprio sovrano. Questi Elfi presero il nome di Sindar, i famosi “Elfi Grigi”, o Elfi del Crepuscolo. Famosa è infatti la lingua Sindarin.
Siamo nella seconda era della cattività di Melkor (v. post nro. 8 ), dopo che questo era stato condotto a giudizio e incatenato dai Valar, scesi in guerra su richiesta di Iluvatar per liberare gli Elfi dalle oscure vessazioni dell’Avversario.
Melian, la Regina, presagisce che la pace di Arda non durerà ancora a lungo e che Melkor tornerà a dar battaglia. Per questo Thingol chiede aiuto ai Nani e si fa costruire “una regale dimora e un luogo che fosse forte, se mai il male avesse a risvegliarsi nella Terra-di-mezzo”. In cambio dei preziosi insegnamenti di Melian e di splendide perle, i Nani costruiscono Menegroth, le Mille Caverne:

“Dove l’Esgalduin scendeva, dividendo Neldoreth da Region, ivi sorgeva, nel bel mezzo della foresta, un colle roccioso, e il fiume scorreva ai suoi piedi. Quivi essi fecero le soglie dell’aula di Thingol, e costruirono un ponte di pietre sopra il fiume, unica via d’accesso alle porte. Oltre queste, ampi corridoi scendevano ad altre sale e camere ben più in basso, scavate nella viva roccia, tante e così vaste che quella dimora fu detta Menegroth, le Mille Caverne.”
“I pilastri di Menegroth erano scolpiti a guisa dei faggi di Oromë, tronco, rami e foglie, e vi stavano appese lanterne d’oro. Ivi usignoli cantavano, come nei giardini di Lórien; ed erano fontane d’argento e bacini di marmo e pavimenti di pietre multicolori. Figure scolpite di pennuti e animali terrestri correvano sulle pareti o s’arrampicavano sui pilastri ovvero facevano capolino tra i rami inghirlandati di molti fiori. E, col passare degli anni, Melian e le sue ancelle riempirono le sale con drappi tessuti ove erano raffigurate le imprese dei Valar e molte cose accadute in Arda fin dalle origini, nonché ombre di cose ancora a venire. Era quella la più bella dimora di ogni re che mai fosse stata a est del Mare.”

In questo regno si respira la purezza delle cose belle, con cui striderà l’orrore del ritorno del male. L’autore ci fa amare profondamente questi regni elfici adornati dalla grazia e immersi nella pace. In questo modo, quando Melkor/Morgoth giungerà a guastare tutto, noi stessi odieremo acutamente quel male e quella guerra che rappresentano la violenza, la distruzione e l’offesa alle cose buone, belle e armoniose che fioriscono nella pace.
Nasce Luthien, e i fiori sorgono per salutarla come fosse un essere santo, presagendo eventi futuri straordinari:

“le stelle lucenti scintillavano come fuochi d’argento; e lì, nella foresta di Neldoreth, Lùthien fu data alla luce, e i bianchi fiori di niphredil sorsero dalla terra per salutarla a guisa di stelle.”

Ma il tempo inesorabile trascorre verso il ritorno del Male. Esseri malvagi, come lupi e Orchi, cominciano a scendere in scorribande a infestare questa regione. Thingol fa prepare dai Nani ottime armi.

Per un ultimo istante ci soffermiamo a respirare la bellezza del regno di Thingol, in cui ancora, come da un sogno lontano, torna a volte Oromë, ricordandoci di un’era remota in cui gli dei camminavano sulla Terra:
“Nel Beleriand in quei giorni gli Elfi s’aggiravano e i fiumi scorrevano e le stelle brillavano, e i fiori notturni emanavano i loro profumi; e la beltà di Melian era come la luna, e quella di Lùthien come l’aurora in primavera. Nel Beleriand, Re Thingol seduto sul suo trono era come i signori dei Maiar, il cui potere è pace, la cui gioia è come un’aria che essi respirino di continuo, il cui pensiero fluisce come una corrente tranquilla dalle vette alle pianure. Nel Beleriand di tanto in tanto ancora passava a cavallo Oromë il grande, superando come un vento le montagne, e il suono del suo corno calava dalle lontananze stellari, e gli Elfi lo temevano per lo splendore del suo sembiante e il gran rumore della corsa di Nahar; ma quando il Valaróma echeggiava tra i colli, ben sapevano che ogni creatura malvagia era fuggita.”


Menegroth