Questo
capitolo è un cristallo perfetto di pura bellezza, per cui consiglio
vivamente di leggerlo per intero: Capitolo XI dell’opera originale. Qui
verrà diviso in due post (27a,b).
Le scene mitologiche della nascita della Luna e del Sole e le “spiegazioni scientifiche” del perché i due corpi celesti attualmente percorrano queste orbite nel cielo sono a mio parere una delle cose più belle e poetiche che si possano trovare nel panorama letterario mondiale, al punto di farci desiderare che le cose siano andate davvero così.
Ancora una volta torniamo a quell’atmosfera di arcana creazione ancestrale e ancora una volta è straordinario immaginare quale sia stata l’origine dei due più importanti elementi della nostra volta celeste, secondo la visione poetica Tolkieniana. Siamo abituati a pensare a un sistema solare in cui – ovviamente – la nostra Stella e i pianeti tutti, con i loro satelliti, si creano roteando nello spazio contemporaneamente. Non vi è Terra senza Sole e Luna. Nell’immaginifica, fantastica Creazione di Tolkien invece, come abbiamo già detto, possiamo sognare di una Terra senza Sole, immersa in una notte eterna, sotto la luce splendente delle stelle. Ricordiamo che il primo tentativo di illuminare il Pianeta furono i Luminari, distrutti da Melkor (post 4) e che l’unica altra fonte di luce in seguito fu prodotta dagli Alberi di Valinor (post 5), che illuminavano solo il Reame Beato al di là dei Monti Pelori. Dopo la distruzione degli Alberi, nuovamente tutta Arda ripiomba in un buio crepuscolare.
A questo punto i Valar decidono di tentare con tutto il loro potere di rianimare gli Alberi morenti. Il loro desiderio è animato anche dalla preoccupazione di donare luce ad Arda, per proteggere gli Elfi rimasti nella Terra di Mezzo e in vista dell’arrivo degli Uomini, in un’era in cui l’ombra di Morgoth tornerà sempre più maligna.
In una scena struggente, in cui ancora una volta amiamo profondamente gli Alberi, un piccolo miracolo di speranza risorge:
“Manwë ordinò a Yavanna e a Nienna di far ricorso a tutti i loro poteri di crescita e guarigione; ed esse li indirizzarono tutti sugli Alberi. Ma le lacrime di Nienna non valsero a guarirne le ferite mortali; e a lungo Yavanna stette a cantare sola tra le ombre. Pure, proprio mentre la speranza veniva meno e il canto smoriva, Telperion alla fine produsse, da un ramo senza foglie, un unico grande fiore d’argento, e Laurelin un solo frutto d’oro.
Yavanna li spiccò; e poi gli Alberi perirono, e i loro tronchi senza vita ancora stanno in Valinor, memoriale di gioia scomparsa.”
Tutti i Valar collaborano alla creazione e con l’intervento di Varda, la più grande dea del Cielo, un grande dono viene fatto alla Terra. Tolkien ci fa pensare che sia tutto vero, perché cita un noto canto in cui si narrano questi accadimenti:
“Il fiore e il frutto, Yavanna li diede ad Aulë, e Manwë li santificò, e Aulë e la sua gente costruirono vasi in cui tenerli e preservarne la radianza, come si narra nel Narsilion, il Canto del Sole e della Luna. Quei vasi i Valar li diedero a Varda, sì che potessero diventare luminari del cielo tali da eclissare le antiche stelle, essendo più vicini ad Arda; e Varda conferì loro il potere di attraversare le regioni inferiori di Ilmen, e li impulse a correre lungo precisi itinerari, sopra la cintura della Terra, da Occidente a Oriente, per poi tornare.”
Le scene mitologiche della nascita della Luna e del Sole e le “spiegazioni scientifiche” del perché i due corpi celesti attualmente percorrano queste orbite nel cielo sono a mio parere una delle cose più belle e poetiche che si possano trovare nel panorama letterario mondiale, al punto di farci desiderare che le cose siano andate davvero così.
Ancora una volta torniamo a quell’atmosfera di arcana creazione ancestrale e ancora una volta è straordinario immaginare quale sia stata l’origine dei due più importanti elementi della nostra volta celeste, secondo la visione poetica Tolkieniana. Siamo abituati a pensare a un sistema solare in cui – ovviamente – la nostra Stella e i pianeti tutti, con i loro satelliti, si creano roteando nello spazio contemporaneamente. Non vi è Terra senza Sole e Luna. Nell’immaginifica, fantastica Creazione di Tolkien invece, come abbiamo già detto, possiamo sognare di una Terra senza Sole, immersa in una notte eterna, sotto la luce splendente delle stelle. Ricordiamo che il primo tentativo di illuminare il Pianeta furono i Luminari, distrutti da Melkor (post 4) e che l’unica altra fonte di luce in seguito fu prodotta dagli Alberi di Valinor (post 5), che illuminavano solo il Reame Beato al di là dei Monti Pelori. Dopo la distruzione degli Alberi, nuovamente tutta Arda ripiomba in un buio crepuscolare.
A questo punto i Valar decidono di tentare con tutto il loro potere di rianimare gli Alberi morenti. Il loro desiderio è animato anche dalla preoccupazione di donare luce ad Arda, per proteggere gli Elfi rimasti nella Terra di Mezzo e in vista dell’arrivo degli Uomini, in un’era in cui l’ombra di Morgoth tornerà sempre più maligna.
In una scena struggente, in cui ancora una volta amiamo profondamente gli Alberi, un piccolo miracolo di speranza risorge:
“Manwë ordinò a Yavanna e a Nienna di far ricorso a tutti i loro poteri di crescita e guarigione; ed esse li indirizzarono tutti sugli Alberi. Ma le lacrime di Nienna non valsero a guarirne le ferite mortali; e a lungo Yavanna stette a cantare sola tra le ombre. Pure, proprio mentre la speranza veniva meno e il canto smoriva, Telperion alla fine produsse, da un ramo senza foglie, un unico grande fiore d’argento, e Laurelin un solo frutto d’oro.
Yavanna li spiccò; e poi gli Alberi perirono, e i loro tronchi senza vita ancora stanno in Valinor, memoriale di gioia scomparsa.”
Tutti i Valar collaborano alla creazione e con l’intervento di Varda, la più grande dea del Cielo, un grande dono viene fatto alla Terra. Tolkien ci fa pensare che sia tutto vero, perché cita un noto canto in cui si narrano questi accadimenti:
“Il fiore e il frutto, Yavanna li diede ad Aulë, e Manwë li santificò, e Aulë e la sua gente costruirono vasi in cui tenerli e preservarne la radianza, come si narra nel Narsilion, il Canto del Sole e della Luna. Quei vasi i Valar li diedero a Varda, sì che potessero diventare luminari del cielo tali da eclissare le antiche stelle, essendo più vicini ad Arda; e Varda conferì loro il potere di attraversare le regioni inferiori di Ilmen, e li impulse a correre lungo precisi itinerari, sopra la cintura della Terra, da Occidente a Oriente, per poi tornare.”
Il Sole e la Luna, da Laurelin e Telperion
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