giovedì 22 ottobre 2015

... mentre lunghi anni venivano scanditi dalle stelle rotanti sul loro capo


“Questa nulla disse; ma, pieno com’era di amore, Elwë venne a lei e le prese la mano e improvvisa una malia fu su di lui, e così rimasero mentre lunghi anni venivano scanditi dalle stelle rotanti sul loro capo; e gli alberi di Nan Elmoth crebbero alti e scuri prima che pronunciassero una sola parola.”

24) Elu Thingol e Melian: l’incontro incantato


 
 
Conosceremo ora un altro personaggio protagonista di queste storie: Thingol. Il suo incontro con la dea Melian è una delle scene più belle, intrisa di arcano incanto. Dalla loro unione nascerà l’essere più bello che abbia mai vissuto in Arda: Luthien, l’Elfa che sposerà un Uomo e riconquisterà un Silmaril. La vicenda di Thingol è indissolubilmente legata a questi Gioielli e vedremo come la sua fine potrà in questo senso essere giudicata.

Torniamo all’epoca in cui le tre stirpi di Elfi seguirono i tre ambasciatori che erano stati in Valinor e che là li avrebbero condotti (v. post nro. 9). Thingol era uno di questi tre ambasciatori: all’epoca il suo nome era Elwë, ed era alla guida della stirpe dei Teleri. Durante la migrazione, un giorno si inoltrò nel bosco di Nan Elmoth e incontrò Melian, la Maia. Melian era un essere divino dalla bellezza indescrivibile, di lei si dice:
“Si narra che i Valar abbandonavano le proprie opere, e gli uccelli di Valinor i loro spassi, che le campane di Valmar tacevano e le fonti cessavano di dar acqua, quando, al mescolarsi delle luci, Melian intonava in Lórien i suoi canti. Usignoli sempre l’accompagnavano, ai quali essa insegnava a cantare; e Melian amava le ombre profonde dei grandi alberi.”

Quando Thingol incontra Melian, in un’atmosfera magica, tra canti di usignoli e luce di stelle, cade come in balia di un incantesimo:
“accadde una volta che passasse solo, al lume delle stelle, per il bosco di Nan Elmoth, e quivi d’un tratto udì il canto di usignoli. Allora un incantesimo scese su di lui, che rimase immobile; e laggiù lontano, oltre le voci dei lómelindi, udì quella di Melian, la quale gli colmò il cuore di meraviglia e desiderio. E dimenticò affatto il suo popolo e i propositi della sua mente e, seguendo gli uccelli nell’ombra degli alberi, penetrò nelle profondità di Nan Elmoth e si sperdette. Alla fine, però, giunse a una radura aperta alle stelle, e qui stava Melian; e dal buio egli la contemplò, e la luce di Aman era sul volto della donna.”

Quel che accade ci rende l’idea di come “Il Silmarillion” tratti di vicende cosmiche, dalle proporzioni immani, con cicli temporali incommensurabili, se confrontati alla normale vita degli uomini:
“Questa nulla disse; ma, pieno com’era di amore, Elwë venne a lei e le prese la mano e improvvisa una malia fu su di lui, e così rimasero mentre lunghi anni venivano scanditi dalle stelle rotanti sul loro capo; e gli alberi di Nan Elmoth crebbero alti e scuri prima che pronunciassero una sola parola.”

Immaginiamo questa scena straordinaria, in cui avviene questo incontro tra due esseri incantati l’uno dall’altra: è la prima scena in cui si narra di un “innamoramento”. L’incontro tra Luthien e Beren ci ricorderà questi passi. La particolarità di questa scena è quel rimanere immobili in silenzio per un tempo immemorabile “mentre lunghi anni venivano scanditi dalle stelle rotanti sul loro capo”. L’amore scaturito dalla visione reciproca crea un incantesimo così forte, che questi due esseri possono restare a contemplarsi in silenzio addirittura per anni. Questo è ciò che accade quando una vicenda d’amore riguarda un essere divino: Thingol, pure un Elfo di grande potere, può vivere in modo fantastico-irreale per anni, senza cibo, senza riposo, impietrito nell’amore per la donna divina. La visione delle stelle che ruotano sul loro capo, degli alberi che crescono loro attorno alti e scuri, ci riempie gli occhi di una sensazione arcana e magica, antica e misteriosa. Anche noi siamo preda dell’incanto, come se assistessimo a un evento sacrale.

La stirpe dei Teleri non ritrovò più Elwë e proseguì il viaggio con Olwë, il fratello. Solo i suoi più cari amici e parenti restarono nella Terra di Mezzo, sperando di ritrovarlo.
Dopo molti anni Elwë effettivamente ricomparì, svegliandosi come da un sogno, e il suo aspetto era cambiato, reso a sua volta al pari di un essere divino:
“Ma quando Elwë si svegliò dal suo lungo stato di torpore, uscì da Nan Elmoth con Melian e andarono a dimorare nei boschi nel cuore della regione. Benché grande fosse il suo desiderio di rivedere lo splendore degli Alberi, nel volto di Melian egli contemplava la luce di Aman come in uno specchio limpido, e di essa si dilettava. Il suo popolo gli si raccolse attorno gioioso e assai stupito: per quanto bello e nobile fosse infatti stato, ora sembrava essere un signore dei Maiar, i capelli color argento, di statura superiore a quella di tutti i Figli di Ilùvatar; e un alto destino lo attendeva.”
 

lunedì 19 ottobre 2015

Aule e i Sette Padri dei Nani


“Allora Aulë prese i Sette Padri dei Nani e li pose a giacere in luoghi remotissimi; e fece ritorno a Valinor e attese, mentre i lunghi anni si svolgevano.”  


23) Flashback. I nani vengono creati in segreto dal Vala Aulë, il fabbro. Iluvatar lo ammonisce e i nani vengono posti a dormire nelle montagne in attesa dell’arrivo degli Elfi.


Ora facciamo un passo indietro, prima del risveglio degli Elfi sulla Terra, all’epoca in cui i Valar ancora plasmavano e creavano Arda. La storia della creazione dei nani è suggestiva e piena di significati. Come tutti sappiamo, questa razza forte e resistente, tenace e indomita è protagonista di tutte le storie più note, da Il Signore degli Anelli a Lo Hobbit, in cui sono al centro della vicenda. Ma da dove vengono i Nani? Sono stati creati da Iluvatar, come gli Elfi e gli Uomini? No, essi sono stati creati da una delle divinità sottoposte a Iluvatar: Aulë, il fabbro che plasmava la terra e le gemme. Quando i Valar erano gli unici abitanti della Terra, Aulë desiderava immensamente avere dei piccoli allievi cui insegnare le proprie arti e non voleva attendere le ere infinite che avrebbero dovuto passare, prima che arrivassero gli Elfi. Perciò lavorò in gran segreto e creò i Nani. Il loro aspetto poco aggraziato era dovuto al fatto che stava “copiando” dalle immagini premonitive che tutti i Valar avevano visto nella loro mente, quando Iluvatar aveva loro mostrato il futuro di Arda e la creazione di Elfi e Uomini: queste immagini tuttavia erano solo sogni vaghi e poco precisi nelle loro menti. Inoltre la forza e la resistenza di cui sappiamo essere dotati i Nani fu loro conferita dal loro creatore, affinchè si difendessero da Melkor. Così Aulë plasmò questi piccoli esseri viventi:
“lavorò in segreto: e produsse per primi i Sette Padri dei Nani in un’aula sotto le montagne della Terra-di-mezzo.”
Tutto felice, cominciò a insegnare ai piccoli Sette il linguaggio che aveva creato per loro. In questo desiderio di creare qualcosa da solo, Aulë mostra lo stesso desiderio di Melkor. Iluvatar si accorge di ciò e rimprovera il Vala, perché si è arrogato il diritto di creare per primo nuovi esseri viventi, senza il permesso di Iluvatar, e soprattutto prima che questo creasse i Primogeniti, gli Elfi. Aulë è grandemente mortificato, si pente e offre le sue creature a Iluvatar. Questo lo rende completamente diverso da Melkor. Pur di porre rimedio alla sua presunzione, arriva a desiderare di distruggere i poveri esseri da lui creati. Ecco il discorso di Aulë:
“Desideravo cose diverse da me, da amare e ammaestrare, sì che anch’esse potessero percepire la bellezza di Eä, da te prodotta. Mi è parso infatti che in Arda vi sia spazio sufficiente per molte creature che in essa possano gioire, eppure Arda è per lo più ancora vuota e sorda. E nella mia impazienza, sono caduto preda della follia. Ma la creazione di cose è, nel mio cuore, frutto della creazione di me per opera tua; e il figlio di torpida mente che riduce a balocco le imprese di suo padre può farlo senza intenti derisori, ma solo perché è il figlio di suo padre. E che cosa farò io ora, per modo che tu non sia irato con me per sempre? Come un figlio a suo padre, io ti offro queste cose, l’opera delle mani che tu hai creato. Fanne ciò che vuoi. O preferisci che io distrugga la fattura della mia presunzione?».
Segue una scena terribile, in cui Aulë affranto decide di distruggere con un martello le piccole creature spaventate. Fortunatamente Iluvatar, che è un Dio buono, evita che ciò accada:
“E Aulë diede di piglio a un grande martello per ridurre in pezzi i Nani; e pianse. Ma Ilùvatar provò compassione per Aulë e il suo desiderio, a cagione della sua umiltà; e i Nani si rattrappirono alla vista del martello e provarono timore, e chinarono il capo e implorarono mercé. E la voce di Ilùvatar disse ad Aulë: «Ho accettato la tua offerta fin dal primo momento. Non t’avvedi che queste cose hanno ora una vita loro propria e che parlano con voci proprie? Altrimenti, non si sarebbero rannicchiate al tuo gesto e a ogni suono della tua volontà».
Tuttavia Iluvatar desidera che gli Elfi siano i Primogeniti sulla Terra, come da lui predestinato, perciò impone ad Aulë che metta a dormire le sue creature, in attesa della nascita degli Elfi. Dal discorso di Iluvatar viene predetto che, come sappiamo, vi saranno discordie tra le stirpi di Elfi e Nani:
“Queste creature ora dormiranno nella tenebra sotto il sasso, e non ne sortiranno finché i Primogeniti non siano apparsi sulla Terra; e fino allora tu ed esse attenderete, per lunga che possa sembrare l’attesa. Ma, quando il tempo sarà venuto, io le risveglierò, ed esse saranno come tuoi figli; e frequenti discordie scoppieranno tra i tuoi e i miei, i figli da me adottati e i figli da me voluti».

Bellissima è la scena in cui Aulë mette a dormire le sue creature:
“Allora Aulë prese i Sette Padri dei Nani e li pose a giacere in luoghi remotissimi; e fece ritorno a Valinor e attese, mentre i lunghi anni si svolgevano.”

Da questa storia possiamo vedere perché associamo queste piccole forti creature alle montagne, sotto le quali scavano interi regni, e all’abilità metallurgica, nella ricerca e produzione di gemme e metalli preziosi, appresa dal dio fabbro.

I Nani, a differenza degli Elfi, e similmente agli Uomini, non sono immortali. Si diceva che una volta morti si ritramutassero in sasso, ma poi fu detto che in realtà anch’essi andavano nelle aule di Mandos, dove Aulë si prendeva cura di loro in attesa della Fine. Le profezie di Tolkien sulla Fine del Mondo ricalcano quelle bibliche. Si parla infatti di un’ “Ultima Battaglia”:
“Avranno allora il compito di servire Aulë e di aiutarlo nella ricostruzione di Arda dopo l’Ultima Battaglia.”
Anche una costellazione creata da Varda preannuncia questo evento apocalittico:
“Menelmacar con la sua cintura scintillante, che preannuncia l’Ultima Battaglia che avrà luogo alla fine dei giorni.”

Gli Ent, i Pastori di Alberi, furono creati a causa dei Nani: Yavanna voleva che gli alberi fossero protetti dalla scure dei figli di Aulë.

Dei Sette Padri, Durin fu il più longevo, tanto da essere soprannominato il Senza Morte: dei suoi discendenti, molti gli assomigliavano tanto da essere chiamati con lo stesso nome: si pensava che fossero reincarnazioni di Durin stesso (Appendice de Il Signore degli Anelli). Dalla sua stirpe discendono moltissimi Nani a noi noti, tra cui il famoso Thorin Scudodiquercia protagonista de Lo Hobbit, i Nani di Moria e Gimli (v. Linea dei Nani compilata da Gimli per Re Aragorn, Appendice de Il Signore degli Anelli).

“E dicono anche che i Sette Padri dei Nani ritornano, per rivivere nei loro discendenti e riprendere gli antichi nomi: e di essi, Durin fu il più rinomato in ere successive, padre di quella stirpe massimamente amica degli Elfi, le cui dimore erano a Khazad-dùm.”


22) Muore Fëanor, il più possente dei Noldor, in battaglia contro Morgoth


 
Faremo ora un salto in avanti di alcuni capitoli del Silmarillion, torneremo sui nostri passi in seguito. La contesa tra gli Elfi e Morgoth sfociò nelle cinque battaglie principali delle “Guerre del Beleriand”, essendo questa la regione più vasta abitata dai Noldor. Della prima parleremo dopo aver introdotto re Thingol. La seconda battaglia del Beleriand è detta Dagor-Nuin-Giliath, Battaglia sotto le Stelle, perché la Luna non era ancora sorta.
Morgoth viene messo in allarme dal clamore delle voci dei Noldor e dalle luci fiammeggianti dell’incendio delle navi, per cui raduna il suo esercito ed assale Fëanor. I Noldor sono “forti e svelti, e mortiferi nell’ira, e le loro spade lunghe e terribili” e hanno la meglio. Tuttavia Fëanor non vuole fermarsi e insegue le orde di Orchi in fuga, pensando di raggiungere lo stesso Morgoth. Il suo impeto travolge tutto, di là dalla ragione: “e rideva forte agitando la spada, rallegrandosi al pensiero di aver sfidato la collera dei Valar e i perigli del cammino, e che era vicina l’ora della sua vendetta. Nulla sapeva di Angband né delle formidabili difese che Morgoth vi aveva in gran fretta apparecchiate; ma, anche se le avesse conosciute, non lo avrebbero distolto, essendo egli forsennato, consumato com’era dalla fiamma della propria ira.”
Morgoth scatena i suoi Balrog, che circondano Fëanor e pochi suoi amici:
“A lungo continuò a combattere senza perdersi d’animo, benché fosse avvolto dalle fiamme e coperto di molte ferite; alla fine, però, fu atterrato da Gothmog, Signore di Balrog, che più tardi venne ucciso in Gondolin da Ecthelion. E sarebbe perito, non fossero proprio in quella giunti al soccorso con altre forze i suoi figli; e i Balrog lo lasciarono e rientrarono in Angband.”
In questo momento tutti speriamo che Feanor si salvi, perché in fondo amiamo la terribile luce del suo animo indomito, riscattato nell’assalto contro l’Avversario, ma le sue ferite sono troppo profonde e il suo tempo su Arda termina in questi istanti:
“Allora i figli raccolsero il padre e tornarono con lui verso Mithrim. Ma come furono vicini a Eithel Sirion, intenti a salire al passo montano, Fëanor ordinò loro di fare alto, ché le sue ferite erano mortali ed egli sapeva essere giunta la sua ora. E dalle pendici degli Ered Wethrin con gli ultimi sguardi contemplò, remote, le cime di Thangorodrim (i monti della fortezza di Morgoth, ndr), suprema tra le torri della Terra-di-mezzo, e seppe, con la preveggenza della morte, che nessun potere dei Noldor avrebbe potuto abbatterle; ma maledisse tre volte il nome di Morgoth, e ingiunse ai suoi figli di tener fede al giuramento fatto e di vendicare il loro padre. Quindi spirò; ma non ebbe né tomba né sepolcro perché così focoso era il suo spirito che, come se ne staccò, il corpo cadde in cenere e fu spazzato via come fumo; e il suo sembiante non è più riapparso in Arda, né il suo spirito ha lasciato le aule di Mandos. Così finì il più possente dei Noldor, dalle cui gesta vennero sia la loro massima nomea, sia le loro più triste sventure.”
Lo spirito di fuoco che ha infiammato tutta la vita di questo straordinario elfo è talmente indomabile ed impalpabile da ridurre in cenere il suo corpo, dopo che la vita lo abbandona. In quest’opera non vedremo più un personaggio simile, per quanto tutte le sorti dei protagonisti ci colpiranno con una forza e un significato profondo, diverso per ciascuno di essi. Nella fiamma che ha dominato tutta la sua esistenza, se ne va Fëanor, un Achille controverso, in perenne conflitto tra il suo Io vorace, che lo ha trascinato in azioni deplorevoli, e la sua luce interiore, che lo innalzava quasi al pari di un semidio.


Approfondimenti - Come i Valar consideravano Fëanor

“Ed essi si rattristavano, non tanto per la morte degli Alberi, quanto per il tralignamento di Fëanor: tra le opere di Melkor, una delle più malvagie. Ché Fëanor era il più possente, in ogni organo del corpo e della mente, per valore come per resistenza, bellezza, intendimento, abilità, forza e acutezza, di tutti i Figli di Ilùvatar, e in lui ardeva una fiamma lucente. Le opere meravigliose che per la gloria di Arda avrebbe potuto altrimenti compiere, solo Manwë in certa misura sarebbe stato in grado di concepirle. E fu detto, dai Vanyar che vegliarono con i Valar, che, allorquando i messaggeri riportarono a Manwë le risposte date da Fëanor ai suoi araldi, Manwë pianse e chinò il capo. Ma all’ultima asserzione di Fëanor, che cioè i Noldor avrebbero per lo meno compiuto imprese destinate a essere cantate in eterno, rialzò il capo, come chi oda una voce lontana, e disse: «Così sia! A caro prezzo quei canti saranno guadagnati, eppure saranno ben meritati. Il prezzo infatti non potrebbe essere un altro. Così, come Eru ci ha detto, una bellezza mai prima concepita apparirà in Eä, e ciò che è male sarà bene per il fatto di essere stato». Mandos però disse: «E tuttavia, male resterà. Ben presto Fëanor verrà a me».”
 
 


Fingolfin attraversa l'Helcaraxe con la sua schiera



"Ed egli e la sua schiera vagarono a lungo nell’indigenza, ma il loro valore e la loro resistenza crebbero con le durezze, poiché erano un forte popolo, i maggiori dei figli immortali di Eru Ilùvatar, ma ultimi a giungere dal Reame Beato e non ancora esausti della stanchezza della Terra"


Crossing Helcaraxe by Belegilgalad su deviantart

21) L’eroico viaggio di Fingolfin attraverso l’inferno di ghiaccio dell’Helcaraxe.



Di contro, cominciamo ad amare questo personaggio meraviglioso che è Fingolfin, il fratellastro nobile e tradito, impavido e valoroso. Le sue imprese saranno tra le più memorabili in assoluto. Sua è la copertina di questa pagina: provate a digitare la parola “Fingolfin” su Google Immagini e vedrete voi stessi il risultato. Ne parleremo a tempo debito.
Fingolfin vede da lontano il rosseggiare di Losgar e capisce di essere stato tradito. L’unica via alternativa è l’Helcaraxe: “[…] all’estremo nord di Arda; e scorsero i primi denti del ghiaccio che galleggiava sul mare, e conobbero di essere vicini allo Helcaraxë. Che tra la terra di Aman che a nord piegava verso est e le rive orientali di Endor (che appartiene alla Terra-di-mezzo), che volgevano invece a occidente, era un angusto stretto, attraverso il quale le algide acque del Mare Accerchiante e le onde di Belegaer confluivano, e quivi erano vaste nebbie brune di freddo mortale, e le correnti marine erano irte di cozzanti colline di ghiaccio e piene dello scricchiolio di ghiacci sprofondati. Tale era lo Helcaraxë, e nessuno ancora aveva osato avventurarvisi, salvo i soli Valar e Ungoliant.”
“E Fingolfin, avvedutosi che Fëanor l’aveva lasciato in Araman, a perire o a tornare pieno di vergogna in Valinor, si sentì il cuore esulcerato; ma più che mai ora desiderava di pervenire, in un modo o nell’altro, alla Terra-di-mezzo e ritrovare Fëanor. Ed egli e la sua schiera vagarono a lungo nell’indigenza, ma il loro valore e la loro resistenza crebbero con le durezze, poiché erano un forte popolo, i maggiori dei figli immortali di Eru Ilùvatar, ma ultimi a giungere dal Reame Beato e non ancora esausti della stanchezza della Terra. Il fuoco dei loro cuori era ancora giovane e, guidati da Fingolfin e dai suoi figli, nonché da Finrod e da Galadriel [sì, proprio la Galadriel de Il Signore degli Anelli! Sono figli di Finarfin, l’altro fratellastro di Fëanor, ndr], osarono avventurarsi nel più crudo Nord; e, non trovando altre risorse, alla fine affrontarono i terrori dello Helcaraxë e le crudeli colline di ghiaccio. Ben poche delle gesta compiute in seguito dai Noldor sorpassarono in ardire e in durezza quel disperato passaggio. Quivi andò perduta Elenwë, la moglie di Turgon, e molti altri del pari perirono; e fu con una schiera ridotta che Fingolfin mise finalmente piede sulle Terre Esterne. Ben poco amore per Fëanor e i suoi figli nutrivano coloro che ancora marciavano dietro di lui e che diedero fiato alle trombe nella Terra-di-mezzo al primo sorgere della Luna.”


20) L’ infamia di Fëanor cresce ulteriormente: tradisce i fratello Fingolfin e brucia le navi dei Teleri

 


Dopo che il furto delle navi è sfociato nelle morti da entrambe le parti, con gli assassini traditori a loro volta puniti dal mare in tempesta, il viaggio procede e i Noldor incontrano una figura scura, forse Mandos in persona, che pronuncia la Profezia del Nord, o Sorte dei Noldor, secondo cui solo dolore, morte e una fine amara saranno per sempre legati alla Casa di Fëanor, colpevole di aver versato il sangue degli innocenti Teleri. Finarfin, fratellastro di Fëanor, torna quindi in Valinor, ma Fingolfin, il fratello, decide di proseguire. Giungono all’Helcaraxë, il deserto di ghiaccio più spaventoso che si sia mai visto. L’unico passaggio alternativo è uno stretto, percorribile via nave. I vascelli rimasti sono tuttavia troppo pochi per poter traghettare tutti, e qui Fëanor compie forse il gesto più ignobile di tutta la sua vita. Nonostante Fingolfin lo abbia seguito, mostrandogli tutta la sua fedeltà nelle avversità – considerando che lo aveva perdonato persino dopo essere stato ingiustamente da lui minacciato – Fëanor decide di tradirlo e lasciarlo indietro, impossessandosi delle navi e traghettando solo lui e la sua famiglia! Quando Maedhros, tra i più valorosi figli di Feanor, ignaro chiede istruzioni per andare a prendere Fingolfin e gli altri, Fëanor ci mostra questo lato di sé così deprecabile, ridendo - quasi impazzito - e dichiarando:
“Ciò che mi son lasciato alle spalle, non lo considero una perdita: inutile fardello lungo la strada, tale si è dimostrato. Che coloro che hanno maledetto il mio nome, continuino a maledirmi, e gemendo se ne ritornino alle gabbie dei Valar! Brucino le navi!». Al che il solo Meadhros si tirò da parte, mentre Fëanor faceva dare alle fiamme le candide navi dei Teleri. E così, in quel luogo che fu detto Losgar, all’imboccatura del Fiordo di Drengist, finirono i più bei vascelli che mai avessero solcato il mare, in un grande incendio lucente e terribile. E Fingolfin e i suoi scorsero la luce laggiù lontano, rosseggiarne sotto le nubi; e seppero di essere stati traditi. Furono quelli i primi frutti del Fratricidio e della Sorte dei Noldor.”
L’infamia appare ancora più sottolineata dal sacrilegio perpetrato alle candide navi cui i Teleri tenevano tanto: il loro sacrificio, la loro morte vengono spazzati via in una beffa, con l’inutilità del tutto e l’offesa finale arrecata alle loro amate navi. È difficile amare Fëanor in questo momento terribile. Il suo valore, il suo coraggio ci fanno desiderare di dare la colpa di tutto quanto accade a Morgoth, tuttavia è impossibile nascondere la scintilla di malvagità e superbia scaturita da lui stesso. Il riscatto della sua anima arriverà alla fine.


Approfondimenti - La Profezia del Nord, o Sorte dei Noldor:

“Quivi scorsero all’improvviso una negra figura starsene alta sopra una roccia precipite sulla spiaggia. V’è chi disse trattarsi di Mandos in persona, araldo, e non dei minori, di Manwë. E udirono una gran voce, solenne e terribile, che comandò loro di fermarsi e aprir bene le orecchie. Allora tutti fecero alto e ristettero immobili, e da un capo all’altro delle schiere dei Noldor fu udita la voce che pronunciava la maledizione e la profezia che è detta la Profezia del Nord nonché Sorte dei Noldor. Molto è predetto in parole oscure, che i Noldor non compresero se non quando le calamità piombarono loro addosso; ma tutti udirono la maledizione fulminata contro coloro che non volessero restare né chiedere il parere e il perdono dei Valar.
«Lacrime innumerevoli voi verserete; e i Valar fortificheranno Valinor contro di voi e ve ne escluderanno, sì che neppure l’eco del vostro lamento varcherà le montagne. Sulla Casa di Fëanor, l’ira dei Valar piomberà da Occidente fino all’Oriente estremo, ed essa sarà anche su tutti coloro che ne seguiranno i membri. Il loro Giuramento li impellerà, e tuttavia li tradirà, per sempre privandoli di quei tesori che hanno giurato di perseguire. A un’infausta fine volgeranno tutte le cose che essi ben cominciano; e questo accadrà per il tradimento dell’una stirpe verso l’altra, e per la paura di tradimento. Gli Spodestati, essi saranno per sempre.
«Voi avete sparso ingiustamente il sangue dei vostri fratelli e avete insozzato la terra di Aman. Sconterete il sangue col sangue, e fuori da Aman dimorerete nell’ombra di Morte. Ché, sebbene Eru vi abbia destinati a non morire in Eä e sebbene le malattie non vi assalgano, pure potete essere uccisi, e uccisi sarete: da armi e tormento e dolore; e i vostri spiriti raminghi verranno poi a Mandos. Ivi a lungo dimorerete bramando i vostri corpi, e troverete scarsa pietà sebbene tutti coloro che avete ucciso impetrino per voi. E coloro che perdureranno nella Terra-di-mezzo e non verranno a Mandos, finiranno per essere stanchi del mondo come di un greve fardello, e deperiranno e diverranno quali ombre di rimorso agli occhi della razza più giovane che verrà. I Valar han detto.»
Molti allora si sgomentarono; Fëanor però corazzò il proprio cuore e disse: «Abbiamo fatto un giuramento, e non è poco. Quel giuramento noi lo manterremo. Ci si minacciano molti mali, e non da ultimo il tradimento; una cosa, però, non ci vien detta: che soffriremo per codardia, per via di codardi o per paura di codardi. Pertanto io dico che proseguiremo, e questo parere sog- giungo: le imprese che compiremo saranno materia di canto fino agli ultimi giorni di Arda».




19) Fëanor provoca il primo eccidio tra consanguinei: il terribile Fratricidio di Alqualondë




Scoppia presto un dissidio tra i Noldor. I fratellastri di Fëanor, Fingolfin e Finarfin, non concordano sulla partenza, ma seguono il fratello. I Noldor tuttavia si dividono tra chi vuole Fëanor come capo e chi preferisce che il titolo di re vada a Fingolfin.
Sebbene i Valar si siano ripromessi di non intralciare il libero arbitrio degli Elfi, all’ultimo un messaggero di Manwë cerca di dissuadere i Noldor:
“«Di contro alla follia di Fëanor, valga questo mio unico consiglio. Non partite! L’ora infatti è sfavorevole, e la vostra strada conduce a pene da voi non prevedute. Nessun aiuto vi verrà dai Valar in questa cerca; ma essi neppure vi ostacoleranno; questo infatti dovete sapere: come siete giunti qui liberamente, liberamente ne ripartirete. Ma tu, Fëanor figlio di Finwë, per il tuo giuramento sei esiliato. Nell’amarezza disimparerai le menzogne di Melkor. »”
Nella sua risposta Fëanor si erge in tutta la sua grandezza, si pone sullo stesso piano degli dei, o addirittura oltre e mostra la potenza e l’ardore che lo inducono a rifiutare, conducendo il suo popolo ad un esilio amaro e coraggioso:

“rivolto all’araldo, gridò: «Di’ questo, a Manwë Sùlimo, Re Supremo di Arda: se Fëanor non può abbattere Morgoth, per lo meno non esita nell’assalirlo, e non se ne sta in preda a oziose recriminazioni. E può essere che tu abbia messo in me fuoco maggiore di quanto tu creda. Tanto danno farò quanto meno all’Avversario dei Valar che persino i possenti che stanno nell’Anello della Sorte resteranno a bocca aperta all’udirlo. Proprio così, e alla fine così mi seguiranno. Addio!».
In quel momento la voce di Fëanor risuonò così vasta e potente, che persino l’araldo dei Valar si inchinò di fronte a lui.”

A questo punto Fëanor realizza che senza l’aiuto di navi non può trasportare tutta la sua gente al di là del mare che li separa dalla Terra di Mezzo. Pensa quindi di convincere i Teleri a unirsi a loro, o perlomeno a prestare loro le navi a forma di cigno. I Teleri tuttavia, miti e assennati, non ne vogliono sapere:
“Erano addolorati invero per la dipartita dei loro consanguinei e vecchi amici, ma piuttosto li dissuadevano che dar loro aiuto; e non erano disposti a prestare navi né ad aiutare a costruirne contro la volontà dei Valar; quanto a loro, non desideravano altra patria che le spiagge di Eldamar”
Il rifiuto scatena l’ira di Fëanor. Ricordiamo come inizialmente i Noldor prestassero con amore la loro opera ai Teleri (cfr. post 10), in modo fraterno e disinteressato. Ora Fëanor giunge a rinfacciare il tutto ai Teleri, con parole cattive e sprezzanti:
“«In capanne sulle spiagge ancora dimorereste, non avessero i Noldor costruito il vostro porto e faticato sulle vostre mura.»”
Dopo una lunga discussione, in cui Olwë, principe dei Teleri, cerca di far ragionare Fëanor, dicendogli che è proprio per la sua amicizia che cerca di dissuaderlo, questi conclude negando le navi: “«le navi sono per noi come le gemme dei Noldor: l’opera dei nostri cuori, di cui mai riusciremo a far l’uguale».”
A quel punto Fëanor apparentemente rinuncia, ma poi procede con il suo piano, passando sopra a tutto e tutti, andando al Porto dei Cigni e cercando di impadronirsi con la forza delle navi. Il tradimento di Fëanor sfocia in un bagno di sangue, ancora più grave di quanto si pensi, nel momento in cui il fratello Fingolfin, con il figlio Fingon, giungendo a dar man forte dalla retroguardia fraintende la scena e crede che siano stati i Teleri ad attaccare i Noldor. La volontà di Morgoth di provocare odio e dissidio dove regnavano pace e armonia, tra i popoli più illuminati della Terra, è soddisfatta:
“Fëanor andò al Porto dei Cigni e prese a far salire i suoi a bordo delle navi ancorate, con l’intento di impadronirsene con la forza. Ma i Teleri gli si opposero, e gettarono a mare molti dei Noldor. Poi spade furono sguainate, e cruenta lotta si ingaggiò sulle tolde e tra i moli e le banchine illuminate dalle lampade del Porto, e persino sul grande arco d’accesso. Tre volte le genti di Fëanor furono respinte, e molti furono uccisi dall’una e dall’altra parte; ma l’avanguardia dei Noldor fu soccorsa da Fingon con i primissimi della schiera di Fingolfin i quali, giungendo sul posto, trovarono che era in corso una battaglia e videro i loro consanguinei cadere, e vi si gettarono prima di essersi resi conto della causa della contesa; alcuni ritennero addirittura che i Teleri avessero tentato di bloccare la marcia dei Noldor su richiesta dei Valar.
E così, alla fine, i Teleri vennero sopraffatti, e gran parte dei loro marinai che avevano dimora in Alqualondë furono crudelmente uccisi. Ché i Noldor erano mossi dalla ferocia della disperazione, e i Teleri avevano forze minori, oltre a essere per lo più armati di fragili archi. Poi i Noldor si impadronirono delle loro candide navi e presero a manovrare i remi meglio che potevano, andando verso nord lungo la costa. E Olwë invocò Ossë, ma questi non apparve, poiché non era consentito dai Valar che la fuga dei Noldor fosse impedita con la forza. Uinen però pianse per i marinai dei Teleri; e il mare si levò incollerito contro gli assassini, sì che molte delle navi furono infrante e quelli a bordo di esse annegarono.”
 

18) L’infuocato discorso di Fëanor contro i Valar e il folle giuramento: lui e i suoi discendenti perseguiranno sino alla fine del mondo chiunque osi impossessarsi dei Silmaril




Ancora una volta i Silmaril vengono imprigionati nel ferro, che ora è la corona di Morgoth. Rilucono circondati dal buio e dal nero che circondano l’oscuro signore. Vediamo che il gioiello diviene lentamente per Morgoth un “angoscioso fardello”, come diverrà l’Anello per tutti coloro che lo porteranno:

“in Angband, Morgoth forgiò per se stesso una grande corona di ferro, e si autonominò Re del Mondo. A prova del che, incastonò i Silmaril nella propria corona. Le sue mani erano nere di ustioni per via del contatto con quei sacrosanti gioielli, e nere sempre rimasero; né mai più Morgoth si liberò del dolore delle scottature e dell’irritazione che gliene veniva. La corona, mai se la tolse di capo, benché il suo peso divenisse angoscioso fardello.”
“a lungo sopravvisse la sua maestà siccome uno dei Valar, sebbene volta in terrore, e di fronte alla sua faccia tutti che non fossero i potentissimi precipitavano in un buio abisso di paura.”

Fëanor, infrangendo il divieto di tornare nella sua città, convoca tutti i Noldor e li esorta fieramente ad abbandonare il reame benedetto per fare ritorno alla Terra di Mezzo, tuttavia le sue parole sono piene di superbia e offese nei confronti delle Potenze. Pronuncia quindi il giuramento che legherà la sorte di tutti ai Silmaril, fino al compimento di questa storia:

“quella notte pronunciò di fronte ai Noldor un discorso che essi mai dimenticarono. Fiere e impetuose erano le sue parole, ridondanti di collera e orgoglio; e, all’udirle, i Noldor furono colti da pazzia. L’ira e l’odio di Fëanor andavano soprattutto a Morgoth, eppure quasi tutto ciò che diceva era frutto delle menzogne di Morgoth stesso”

“«perché mai dovremmo ancora servire i gelosi Valar, incapaci di difendere, non solo noi, ma persino il loro stesso regno dal loro Avversario? La vendetta mi chiama lontano da qui, ma anche se fosse altrimenti non dimorerei più nella stessa terra con la schiatta dell’uccisore di mio padre e del ladro del mio tesoro. […] Qui un tempo era luce, che i Valar lesinavano alla Terra-di-mezzo, mentre ora l’oscurità tutto livella. Dobbiamo starcene qui con le mani in mano, a cacciar lai per sempre, popolo delle tenebre, abitatori di brume, versando vane lacrime nel mare ingrato? O non conviene piuttosto tornare nella nostra patria? In Cuiviénen dolci scorrevano le acque sotto stelle non velate, e ampia la terra si stendeva attorno, su cui un libero popolo poteva aggirarsi. Là stanno ancora e attendono noi che, nella nostra follia, le abbiamo abbandonate. Andiamocene di qui! Lasciate che i codardi restino in questa città!»

“Quindi Fëanor pronunciò un terribile giuramento. I suoi sette figli balzarono pronti al suo fianco, e insieme fecero identica promessa, e rosse come sangue balenarono le loro spade sguainate al lume delle torce. […] giurando di perseguire con vendette e odio, sino ai termini del Mondo, Vala, Demone, Elfo e Uomo ancora non nato, e ogni creatura, grande o piccola, buona o cattiva, che il tempo avrebbe gettato nella successione dei giorni, la quale osasse prendere, tenere o conservare un Silmaril di loro proprietà.”
 

mercoledì 14 ottobre 2015

17) Feanor si rifiuta di consegnare i Silmaril per fare rinascere gli Alberi! Ungoliant tenta di stritolare Melkor per brama dei Silmaril.




Yavanna tenta inutilmente di rianimare gli Alberi, quindi dice ai Valar che l’unica speranza per riuscirci è nella luce dei Silmaril. Si avvera così l’insinuazione di Melkor, sebbene per motivi ben diversi: i Valar chiedono davvero a Feanor i Silmaril.
“Allora parlò Manwë e disse: «Hai udito, Fëanor figlio di Finwë, le parole di Yavanna? Sei disposto a fare ciò che ha chiesto?».
Seguì un lungo silenzio, ma Fëanor nulla disse. Poi Tulkas gridò: «Parla, Noldo, di’ sì o no! Ma chi opporrebbe un rifiuto a Yavanna? E forse che la luce dei Silmaril non è frutto della sua opera iniziale?».”
“Fëanor però aprì bocca, e lo fece gridando amareggiato: «Io potrei spossessarmi dei miei gioielli, ma mai più li rifarei; e, se devo infrangerli, spezzerò il mio cuore e ne morrò, primo di tutti gli Eldar di Aman».
«Non il primo» replicò Mandos”, con una oscura profezia.
La brama di Feanor per i suoi gioielli è tale da indurlo a considerare i Valar “una cerchia di nemici”. Le parole di Melkor attecchiscono nella sua mente, inducendolo addirittura a considerare le Potenze come ladri e a insultarli:
“ ”Già, chi meglio di un ladro può riconoscere altri ladri? “ E quindi, ad alta voce: «Non lo farò di mia spontanea volontà, ma se i Valar mi ci costringeranno, ecco che io saprò per certo che Melkor è della loro stessa schiatta».”

E Melkor, giunto a casa di Fëanor per sottrarre i Silmaril, vi trova il padre di lui, Finwe, Re dei Noldor, e lo uccide brutalmente, spargendo il primo sangue che sia mai stato versato nella terra benedetta. Ecco svelato il significato delle parole di Mandos!
“Allora Fëanor si levò e, alzando la mano al cospetto di Manwë, maledisse Melkor chiamandolo Morgoth, cioè Nero Nemico del Mondo”, e anche noi da ora non useremo più altro nome.

Nel frattempo Morgoth è in fuga con Ungoliant, ma l’orrore del mostro che ha voluto evocare finisce col rivoltarglisi contro! Ungoliant pretende che venga mantenuta la promessa di darle luce e tesori di cui nutrirsi, compresi i Silmaril, e tenta di strangolare Morgoth. Sentiremo il suo urlo terribile riecheggiare nelle nostre orecchie:

“E allora, volente o nolente, Morgoth le consegnò le gemme che portava con sé, una a una, mugugnando; ed essa le divorò, e la loro bellezza scomparve dal mondo. Ancora più brutta e scura divenne Ungoliant, ma la sua brama era insaziata. «Con una mano sola hai dato,» disse «soltanto con la sinistra. Apri la destra.»
Nella destra, Morgoth teneva stretti i Silmaril e, benché fossero chiusi in uno scrigno di cristallo, avevano cominciato a ustionarlo, e il suo pugno chiuso era dolente; ma non voleva aprirlo. «No!» esclamò. «Hai avuto il tuo. Perché la tua opera è stata compiuta grazie al potere che io ho messo in te. Non ho più bisogno di te. Queste cose tu non le avrai né le vedrai. Saranno mie per sempre.»
Ma Ungoliant era divenuta grande, ed egli s’era rimpicciolito per via del potere che aveva ceduto; ed essa gli si levò contro, e la sua nube gli si serrò attorno, e Ungoliant lo avvolse in una rete di corregge avvinghianti con l’intento di strangolarlo. Allora Morgoth diede in un terribile urlo e ne riecheggiarono i monti. Ragion per cui la regione fu chiamata Lammoth, poiché gli echi della sua voce vi dimorarono per sempre, sì che chiunque gridasse alto in quella terra li risvegliava, e l’intero deserto tra le alture e il mare si riempiva di un clangore come di voci angosciate. L’urlo lanciato da Morgoth a quel punto fu il più alto e il più spaventoso che mai si fosse udito nel mondo settentrionale; tremarono i monti, e la terra tremò, e rocce si fendettero. Fin nelle profondità di luoghi dimenticati, il grido fu udito.”

I Balrog, richiamati dall’urlo, giungono a liberare il padrone. Ungoliant fugge e in seguitò darà origine all’orrenda progenie da cui nascerà Shelob. La fine di Ungoliant, persa nella leggenda, è l’orribile conseguenza di una fame insaziabile, che giungerà letteralmente a divorare la sua stessa natura:
“altre sconce creature aracneiformi vi avevano avuto dimora fin dai giorni in cui era stata scavata Angband, ed essa si accoppiò con loro e le divorò; e anche quando Ungoliant si fu dipartita, per andarsene chissà dove nel dimenticato sud del mondo, i suoi rampolli ivi abitarono,tessendovi le loro orride tele. Della sorte di Ungoliant, nessun racconto da notizia. Pure, v’è chi ha detto che sia perita molto tempo fa, quando, nella sua insaziabile fame, fini per divorare se stessa.
 

16) Melkor si allea con la gigantesca aracnide Ungoliant e uccide gli Alberi sacri!




La straordinaria grandezza di questo passaggio dell’opera potrà risuonare solo nelle parole dell’autore, per cui vi auguro buona lettura per quei passi che sceglierò di trascrivere nella loro completezza.

Melkor fugge, ancora una volta inseguito da Tulkas e Orome, ma riesce a raggiungere una regione del sud che si chiama… Avathar (!!!), dove ha posto la propria dimora Ungoliant, un ragno femmina gigantesco (da cui discenderà la Shelob de Il Signore degli Anelli):
“di luce aveva sete e insieme la odiava. In un burrone viveva, e assumeva forma di ragno dall’aspetto mostruoso, tessendo le sue negre tele in un crepaccio tra i monti. Quivi succhiava tutta la luce che riusciva a trovare, e poi la filava in scure reti di soffocante tetraggine, finché nessun’altra luce poteva penetrare nella sua dimora; e allora era colta da fame.”
Melkor trama con lei la vendetta e per convincerla le dice:
“«Fa’ come ti ho detto; e se avrai ancora fame quando tutto sarà fatto, io ti darò tutto ciò che la tua brama possa esigere. Proprio così, e a piene mani». A cuor leggero pronunciò tale promessa, come del resto sempre faceva; e dentro di sé rise. Così il grande ladro preparava l’esca per il minore.”
Il buio ed il vuoto sono gli elementi che hanno caratterizzato Melkor sin dai primi istanti, e così:
“Un mantello di tenebra Ungoliant tessè dunque attorno a loro due, allorchè con Melkor si mise in cammino: un Buio in cui le cose sembravano più non essere, e che l’occhio non poteva penetrare, poichè era vuoto.”

Assistiamo impotenti all’inarrestabile, mostruosa, ritmata arrampicata del gigantesco insetto:
“Poi, lentamente, svolse le sue reti: fune per fune, da crepaccio a crepaccio, da spuntone roccioso a pinnacolo liteo, sempre salendo, strisciando e aggrappandosi, sino a raggiungere la sommità della Hyarmentir, la montagna più alta in quella regione del mondo”

I Valar sono nel frattempo radunati con tutti gli Elfi in una grande festa. In questa occasione Feanor si riconcilia con il fratello Fingolfin, che, nobile e fedele, dichiara che lo seguirà sempre come una guida. Tuttavia vediamo che Fëanor ormai non vuole nemmeno più mostrare i Silmaril ad alcuno e li tiene chiusi in una stanza di ferro (che, con la sua freddezza e amarezza, quanto ci appare come una triste prigione per quei gioielli vivi, che dovrebbero splendere per tutti alla luce).

La terribile scena in cui Melkor e Ungoliant si avventano sugli Alberi e li distruggono è dipinta con l’epico e tragico contrasto di luce e buio che si avvicendano, della la vita sacra che viene strappata, profanata e prosciugata orribilmente dal fetido mostro. Il climax che Tolkien crea in un crescendo di violenza deturpante si scioglierà poco dopo nel buio, calmo silenzio della rovina.

“Si narra che, mentre Fëanor e Fingolfin erano di fronte a Manwë, si verificò la mescolanza delle luci, poiché entrambi gli Alberi splendettero e la silente città di Valmar fu ricolma di una radianza d’argento e oro. E proprio in quell’ora, Melkor e Ungoliant venivano di fretta sopra i campi di Valinor, così come l’ombra di una negra nube portata dal vento scivola sulla terra soleggiata; e giunsero davanti al verde tumulo Ezellohar. Poi il Buio di Ungoliant
salì fino alle radici degli Alberi, e Melkor balzò sul tumulo; e con la sua nera spada percosse fino al midollo ambo gli Alberi, li ferì a fondo, e la linfa ne sgorgò quasi fosse sangue, e si sparse sul terreno. Ma Ungoliant la succiò e, andando poi di Albero in Albero, accostò il suo nero becco alle loro ferite, fino a essiccarli affatto; e il veleno di Morte che era dentro di lei penetrò nei loro tessuti e li imbozzacchì, radici, rami e foglie; ed essi morirono. Ma la sete di Ungoliant non era ancora saziata, ed essa andò ai Pozzi di Varda e li prosciugò; e mentre beveva, eruttava neri vapori, gonfiandosi fino ad assumere forma così vasta e orrenda, che Melkor ne fu spaventato.”

L’avida, oltraggiosa fame del mostro arriva a profanare anche i Pozzi della dea Varda, in cui venivano raccolte le sante rugiade di luce degli Alberi. Non ne resta più nulla. La voracità del mostro è talmente incontrollabile che persino Melkor ne è travolto e spaventato!

E’ giunto l’ottenebramento di Valinor. Tutta la terra benedetta di Aman ripiomba in un freddo buio, che persisterà sino alla nascita del Sole e della Luna. La Tenebra che si genera sembra dotata di vita propria, e le parole di questo passo risuonano in un notturno pieno di un silenzio interrotto solo dalle strida di un paesaggio marino:

“Così, la grande tenebra piombò su Valinor. Dei fatti di quel giorno molto si narra nell’Aldudénië, composto da Elemmìrë dei Vanyar e noto a tutti gli Eldar. Ma nessun canto né narrazione potrebbe capire in sé tutto il dolore e il terrore che ne discesero. La Luce mancò; ma la Tenebra che le fece seguito fu ben più che la sua perdita. In quell’ora si formò infatti una Tenebra che sembrava, non già mancanza, bensì una cosa dotata di vita propria, prodotta in verità com’era, malvagiamente, mediante la Luce, e aveva il potere di trafiggere l’occhio e di penetrare cuore e mente e di soffocare la volontà stessa.
Varda guardò giù da Taniquetil e scorse l’Ombra montare in abrupte torri di cupezza; Valmar era sommersa in un profondo mare notturno. Ben presto la Sacra Montagna si levò, sola, ultima isola in un mondo annegato. Ogni canto cessò. Vi fu silenzio in Valinor, e nessun suono poteva udirsi, salvo che, da lungi sulle ali del vento, per il passo dei monti, giungeva il lamento dei Teleri simile allo stridio freddo di gabbiani. Perché da est in quell’ora alitò algore, e le vaste ombre del mare rotolarono contro le mura della riva.”
 

15) Melkor corrompe le menti dei Noldor, aizzando Fëanor a reclamare la libertà dai Valar




Melkor tesse trame cercando di gettare discordia tra gli Elfi e i Valar. Insinua negli Elfi Noldor l'idea che i Valar li abbiano condotti in Aman per tenerli sotto controllo, prigionieri, e soppiantarli con l’arrivo nella Terra di Mezzo di una nuova razza, gli Uomini, più fragili e manipolabili. Fa giungere alle orecchie di Feanor l'insinuazione che il fratellastro Fingolfin complotti per usurpare il suo ruolo di erede primogenito del re Finwe, mentre ai fratellatri Fingolfin e Finarfin fa credere che Feanor li voglia togliere di mezzo. Inoltre istiga Feanor a lasciare Aman, facendo sorgere in lui il sospetto che i Valar in realtà mirino a impossessarsi dei Silmaril. L’amore di Feanor per i Silmaril (che ci ricorda le brame mostrate da molti personaggi de Il Signore degli Anelli per l’Anello…) crea una breccia nella sua razionalità: “Egli infatti cominciava ad amare i Silmaril di un avido amore, e mal tollerava che altri li ammirassero al di fuori di suo padre e dei suoi sette figli; e di rado ormai si sovveniva che la luce in essi contenuta non era loro propria.” Feanor comincia a desiderare di condurre i Noldor alla ribellione, lasciando Aman ed i Valar, per fare ritorno alla Terra di Mezzo, in nome di una presunta Libertà dalle Potenze divine. La sua follia raggiunge livelli tali, da arrivare a minacciare di morte il buon fratello Fingolfin, che si oppone a tali propositi! Per questo atto sconsiderato Feanor viene giudicato dai Valar ed esiliato per dodici anni.

“Parve poi alla gente di Valinor che la luce degli Alberi si fosse attenuata, e che le ombre di tutte le cose che stavano diritte s’allungassero e si infittissero.”
Un giorno Melkor si presenta alla porta di Fëanor, cercando di tentarlo con le sue illusioni, ma l’elfo capisce le sue intenzioni e gli sbatte letteralmente la porta in faccia! (che buffo!).



 

Approfondimenti

In un passo molto bello leggiamo l’immagine che Tolkien dà della ‘corsa agli armamenti’: le armi stesse vengono forgiate per la prima volta nella storia proprio seguendo le malvagie insinuazioni di Melkor.


“Come Melkor s’avvide che tali menzogne si diffondevano, covando sotto la cenere, e che orgoglio e ira sommuovevano i Noldor, parlò loro di armi; e fu allora che i Noldor presero a fucinare spade, asce e lance. E scudi anche fecero, sfoggiando i simboli di molte case e stirpi che rivaleggiavano l’una con l’altra; e soltanto gli scudi portavano uscendo di casa, ma di altre armi non parlavano, ciascuno di essi credendo di aver lui solo ricevuto l’imbeccata. E Fëanor costruì una fucina segreta, di cui neppure Melkor nulla sapeva; e quivi temprò crudeli spade per sé e i propri figli, e fabbricò alti elmi con piume di rosso colore. Amaramente rimpianse Mahtan il giorno in cui aveva insegnato, allo sposo di Nerdanel, la scienza della metallurgia che aveva appresa da Aulë.”

La scena in cui Feanor perde la ragione e minaccia il nobile fratello Fingolfin:

“Ma Fingolfin si precipitò nelle sue aule, e gli si piantò davanti e disse: «Re e padre, non vuoi tu mettere freno alla superbia di nostro fratello Curufinwe (il nome di battesimo di Fëanor, ndr), che è detto lo Spirito di Fuoco (= Feanor, soprannome, ndr), e fin troppo veracemente? Con quale diritto egli parla in nome di tutto il nostro popolo, quasi fosse Re? Sei stato tu che, tanto tempo fa, hai preso la parola davanti ai Quendi (gli Elfi, ndr), esortandoli ad accogliere l’invito dei Valar a venire in Aman; tu, che hai condotto i Noldor per la lunga strada, attraverso i perigli della Terra-di-mezzo, alla luce di Eldamar. Se ora non te ne penti, hai almeno due figli disposti a comprovare la verità delle tue parole».
Ma ancor mentre Fingolfin parlava, Feanor entrò nella sala, ed era armato di tutto punto: l’alto elmo in capo, al fianco una gran spada. «Dunque, è proprio come sospettavo» disse. «Il mio fratellastro vorrebbe scavalcarmi ed essere il primo con mio padre, in questa e in ogni altra faccenda.» Quindi, volgendosi a Fingolfin, snudò la spada gridando: «Fuori di qui, e statti al tuo posto!».
Fingolfin si inchinò a Finwe, e senza una parola o uno sguardo a Feanor uscì dalla stanza. Ma Feanor lo seguì, e sulla soglia della casa reale lo fermò; e puntò contro il petto di Fingolfin la spada lucente. «Guardala bene, fratellastro» disse. «Questa è più tagliente della tua lingua. Provati una volta ancora a usurpare il mio posto e l’amore di mio padre, e può darsi che essa sbarazzi i Noldor di uno il quale vorrebbe essere signore di schiavi.»


Jenny Dolfen