Faremo
ora un salto in avanti di alcuni capitoli del Silmarillion, torneremo
sui nostri passi in seguito. La contesa tra gli Elfi e Morgoth sfociò
nelle cinque battaglie principali delle “Guerre del Beleriand”, essendo
questa la regione più vasta abitata dai Noldor. Della prima parleremo
dopo aver introdotto re Thingol. La seconda battaglia del Beleriand è detta Dagor-Nuin-Giliath, Battaglia sotto le Stelle, perché la Luna non era ancora sorta.
Morgoth viene messo in allarme dal clamore delle voci dei Noldor e dalle luci fiammeggianti dell’incendio delle navi, per cui raduna il suo esercito ed assale Fëanor. I Noldor sono “forti e svelti, e mortiferi nell’ira, e le loro spade lunghe e terribili” e hanno la meglio. Tuttavia Fëanor non vuole fermarsi e insegue le orde di Orchi in fuga, pensando di raggiungere lo stesso Morgoth. Il suo impeto travolge tutto, di là dalla ragione: “e rideva forte agitando la spada, rallegrandosi al pensiero di aver sfidato la collera dei Valar e i perigli del cammino, e che era vicina l’ora della sua vendetta. Nulla sapeva di Angband né delle formidabili difese che Morgoth vi aveva in gran fretta apparecchiate; ma, anche se le avesse conosciute, non lo avrebbero distolto, essendo egli forsennato, consumato com’era dalla fiamma della propria ira.”
Morgoth scatena i suoi Balrog, che circondano Fëanor e pochi suoi amici:
“A lungo continuò a combattere senza perdersi d’animo, benché fosse avvolto dalle fiamme e coperto di molte ferite; alla fine, però, fu atterrato da Gothmog, Signore di Balrog, che più tardi venne ucciso in Gondolin da Ecthelion. E sarebbe perito, non fossero proprio in quella giunti al soccorso con altre forze i suoi figli; e i Balrog lo lasciarono e rientrarono in Angband.”
In questo momento tutti speriamo che Feanor si salvi, perché in fondo amiamo la terribile luce del suo animo indomito, riscattato nell’assalto contro l’Avversario, ma le sue ferite sono troppo profonde e il suo tempo su Arda termina in questi istanti:
“Allora i figli raccolsero il padre e tornarono con lui verso Mithrim. Ma come furono vicini a Eithel Sirion, intenti a salire al passo montano, Fëanor ordinò loro di fare alto, ché le sue ferite erano mortali ed egli sapeva essere giunta la sua ora. E dalle pendici degli Ered Wethrin con gli ultimi sguardi contemplò, remote, le cime di Thangorodrim (i monti della fortezza di Morgoth, ndr), suprema tra le torri della Terra-di-mezzo, e seppe, con la preveggenza della morte, che nessun potere dei Noldor avrebbe potuto abbatterle; ma maledisse tre volte il nome di Morgoth, e ingiunse ai suoi figli di tener fede al giuramento fatto e di vendicare il loro padre. Quindi spirò; ma non ebbe né tomba né sepolcro perché così focoso era il suo spirito che, come se ne staccò, il corpo cadde in cenere e fu spazzato via come fumo; e il suo sembiante non è più riapparso in Arda, né il suo spirito ha lasciato le aule di Mandos. Così finì il più possente dei Noldor, dalle cui gesta vennero sia la loro massima nomea, sia le loro più triste sventure.”
Lo spirito di fuoco che ha infiammato tutta la vita di questo straordinario elfo è talmente indomabile ed impalpabile da ridurre in cenere il suo corpo, dopo che la vita lo abbandona. In quest’opera non vedremo più un personaggio simile, per quanto tutte le sorti dei protagonisti ci colpiranno con una forza e un significato profondo, diverso per ciascuno di essi. Nella fiamma che ha dominato tutta la sua esistenza, se ne va Fëanor, un Achille controverso, in perenne conflitto tra il suo Io vorace, che lo ha trascinato in azioni deplorevoli, e la sua luce interiore, che lo innalzava quasi al pari di un semidio.
Approfondimenti - Come i Valar consideravano Fëanor
“Ed essi si rattristavano, non tanto per la morte degli Alberi, quanto per il tralignamento di Fëanor: tra le opere di Melkor, una delle più malvagie. Ché Fëanor era il più possente, in ogni organo del corpo e della mente, per valore come per resistenza, bellezza, intendimento, abilità, forza e acutezza, di tutti i Figli di Ilùvatar, e in lui ardeva una fiamma lucente. Le opere meravigliose che per la gloria di Arda avrebbe potuto altrimenti compiere, solo Manwë in certa misura sarebbe stato in grado di concepirle. E fu detto, dai Vanyar che vegliarono con i Valar, che, allorquando i messaggeri riportarono a Manwë le risposte date da Fëanor ai suoi araldi, Manwë pianse e chinò il capo. Ma all’ultima asserzione di Fëanor, che cioè i Noldor avrebbero per lo meno compiuto imprese destinate a essere cantate in eterno, rialzò il capo, come chi oda una voce lontana, e disse: «Così sia! A caro prezzo quei canti saranno guadagnati, eppure saranno ben meritati. Il prezzo infatti non potrebbe essere un altro. Così, come Eru ci ha detto, una bellezza mai prima concepita apparirà in Eä, e ciò che è male sarà bene per il fatto di essere stato». Mandos però disse: «E tuttavia, male resterà. Ben presto Fëanor verrà a me».”
Morgoth viene messo in allarme dal clamore delle voci dei Noldor e dalle luci fiammeggianti dell’incendio delle navi, per cui raduna il suo esercito ed assale Fëanor. I Noldor sono “forti e svelti, e mortiferi nell’ira, e le loro spade lunghe e terribili” e hanno la meglio. Tuttavia Fëanor non vuole fermarsi e insegue le orde di Orchi in fuga, pensando di raggiungere lo stesso Morgoth. Il suo impeto travolge tutto, di là dalla ragione: “e rideva forte agitando la spada, rallegrandosi al pensiero di aver sfidato la collera dei Valar e i perigli del cammino, e che era vicina l’ora della sua vendetta. Nulla sapeva di Angband né delle formidabili difese che Morgoth vi aveva in gran fretta apparecchiate; ma, anche se le avesse conosciute, non lo avrebbero distolto, essendo egli forsennato, consumato com’era dalla fiamma della propria ira.”
Morgoth scatena i suoi Balrog, che circondano Fëanor e pochi suoi amici:
“A lungo continuò a combattere senza perdersi d’animo, benché fosse avvolto dalle fiamme e coperto di molte ferite; alla fine, però, fu atterrato da Gothmog, Signore di Balrog, che più tardi venne ucciso in Gondolin da Ecthelion. E sarebbe perito, non fossero proprio in quella giunti al soccorso con altre forze i suoi figli; e i Balrog lo lasciarono e rientrarono in Angband.”
In questo momento tutti speriamo che Feanor si salvi, perché in fondo amiamo la terribile luce del suo animo indomito, riscattato nell’assalto contro l’Avversario, ma le sue ferite sono troppo profonde e il suo tempo su Arda termina in questi istanti:
“Allora i figli raccolsero il padre e tornarono con lui verso Mithrim. Ma come furono vicini a Eithel Sirion, intenti a salire al passo montano, Fëanor ordinò loro di fare alto, ché le sue ferite erano mortali ed egli sapeva essere giunta la sua ora. E dalle pendici degli Ered Wethrin con gli ultimi sguardi contemplò, remote, le cime di Thangorodrim (i monti della fortezza di Morgoth, ndr), suprema tra le torri della Terra-di-mezzo, e seppe, con la preveggenza della morte, che nessun potere dei Noldor avrebbe potuto abbatterle; ma maledisse tre volte il nome di Morgoth, e ingiunse ai suoi figli di tener fede al giuramento fatto e di vendicare il loro padre. Quindi spirò; ma non ebbe né tomba né sepolcro perché così focoso era il suo spirito che, come se ne staccò, il corpo cadde in cenere e fu spazzato via come fumo; e il suo sembiante non è più riapparso in Arda, né il suo spirito ha lasciato le aule di Mandos. Così finì il più possente dei Noldor, dalle cui gesta vennero sia la loro massima nomea, sia le loro più triste sventure.”
Lo spirito di fuoco che ha infiammato tutta la vita di questo straordinario elfo è talmente indomabile ed impalpabile da ridurre in cenere il suo corpo, dopo che la vita lo abbandona. In quest’opera non vedremo più un personaggio simile, per quanto tutte le sorti dei protagonisti ci colpiranno con una forza e un significato profondo, diverso per ciascuno di essi. Nella fiamma che ha dominato tutta la sua esistenza, se ne va Fëanor, un Achille controverso, in perenne conflitto tra il suo Io vorace, che lo ha trascinato in azioni deplorevoli, e la sua luce interiore, che lo innalzava quasi al pari di un semidio.
Approfondimenti - Come i Valar consideravano Fëanor
“Ed essi si rattristavano, non tanto per la morte degli Alberi, quanto per il tralignamento di Fëanor: tra le opere di Melkor, una delle più malvagie. Ché Fëanor era il più possente, in ogni organo del corpo e della mente, per valore come per resistenza, bellezza, intendimento, abilità, forza e acutezza, di tutti i Figli di Ilùvatar, e in lui ardeva una fiamma lucente. Le opere meravigliose che per la gloria di Arda avrebbe potuto altrimenti compiere, solo Manwë in certa misura sarebbe stato in grado di concepirle. E fu detto, dai Vanyar che vegliarono con i Valar, che, allorquando i messaggeri riportarono a Manwë le risposte date da Fëanor ai suoi araldi, Manwë pianse e chinò il capo. Ma all’ultima asserzione di Fëanor, che cioè i Noldor avrebbero per lo meno compiuto imprese destinate a essere cantate in eterno, rialzò il capo, come chi oda una voce lontana, e disse: «Così sia! A caro prezzo quei canti saranno guadagnati, eppure saranno ben meritati. Il prezzo infatti non potrebbe essere un altro. Così, come Eru ci ha detto, una bellezza mai prima concepita apparirà in Eä, e ciò che è male sarà bene per il fatto di essere stato». Mandos però disse: «E tuttavia, male resterà. Ben presto Fëanor verrà a me».”
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