venerdì 6 novembre 2015

30) L’avvento degli Uomini con il Sole e la fine delle Ere delle Stelle


È giunto il tempo prestabilito da Ilùvatar per l’arrivo degli Uomini sulla Terra. Per qualche motivo non noto, forse per la separazione dei Valar con l’Occultamento di Valinor, Arda comincia a discostarsi dall’Eden sovrannaturale che era stata sino ad allora e comincia ad assomigliare al pianeta che conosciamo noi. Forse è la presenza degli Uomini a renderla tale? Il mutamento è plasmato dall’arrivo della “mortalità”, caratteristica degli Uomini e non degli Elfi: i cicli vita-morte si accelerano, la vita stessa diviene più rapida e “brulicante”, distaccandosi da quei ritmi lenti, placidi e ieratici delle ere in cui gli dei si mescolavano ai figli di Ilùvatar. Forse questa accelerazione verso la vita è data dal Sole: si dice infatti che gli anni del Sole erano molto più rapidi di quelli degli Alberi. Nonostante abbia luogo una nuova Primavera, fitta di vita, da certe espressioni non positive (“l’aria si fece pesante degli aliti della crescita e della mortalità”, “il mutare e l’invecchiare”) non possiamo fare a meno di associare a questa nuova Arda un sentimento di nostalgia per le Ere delle Stelle, le Ere degli Elfi, che vanno declinando. In questo modo Il Silmarillion appare come una Bibbia dalla visione Elfo-centrica e, a mio parere, instilla il desiderio nel lettore di appartenere alla Stirpe degli Elfi, ma su questa mio opinione si potrebbe ampiamente discutere: voi che state leggendo preferireste essere Uomini o Elfi?

“Si computarono da allora gli Anni del Sole. I quali sono più rapidi e brevi che non i lunghi Anni degli Alberi in Valinor. In quel periodo l’aria della Terra-di-mezzo si fece pesante degli aliti della crescita e della mortalità, e il mutare e l’invecchiare di tutte le cose straordinariamente s’accelerò; la vita brulicò sul suolo e nelle acque durante la Seconda Primavera di Arda, e gli Eldar si moltiplicarono, e sotto il nuovo Sole il Beleriand divenne verde e bello.”

Ancora una volta la nascita di una nuova Stirpe avviene attraverso un “risveglio”, parallelo a quello in cui gli Elfi si svegliarono sotto la luce delle stelle:

“Al primo alzarsi del Sole, i Figli Minori di Ilùvatar si destarono nella contrada di Hildórien, nelle regioni orientali della Terra-di-mezzo; il primo Sole, però, ascese in Occidente e, aprendosi, gli occhi degli Uomini a esso si volsero, e i loro piedi, com’essi s’aggiravano sopra la Terra, per lo più mossero a quella volta.”

A riprova del fatto che Il Silmarillion è una narrazione Elfo-centrica, segue un lungo elenco di nomi con i quali gli Elfi si riferirono agli Uomini: molte di queste espressioni non sono per nulla lusinghiere e rivelano come gli Elfi considerassero strana e negativa sia la mortalità degli Uomini sia la loro paura per il buio della notte, che tanto invece loro amavano. I nomi meno negativi sottolineano comunque che gli Uomini sono arrivati dopo di loro:
“Atani essi furono denominati dagli Eldar, cioè il Secondo Popolo; ma li chiamarono pure Hildor, i Successivi, e con molti altri nomi: Apanónar, gli Ultimi Nati, Engwar, i Malaticci, e Fìrimar, i Mortali; e li denominarono Usurpatori, Stranieri e Imperscrutabili, i Maledetti-da-sé, i Manigrevi, i Temi-la-notte, i Figli del Sole.”

Gli Uomini non hanno avuto contatti con i Valar, che non li hanno invitati a raggiungere Valinor, e anzi appaiono loro come oscure Potenze incomprensibili. Questa è in effetti la visione a noi nota degli Dei in epoche antiche. Solo Ulmo, il Vala del mare e di tutte le acque, ha a cuore il destino degli Uomini e cerca di mantenere con loro una comunicazione, che tuttavia non è compresa, rivelando come gli Uomini appaiano ottusi e legati alla Terra:

“Ciò non toglie che Ulmo si prendesse cura di loro, assecondando la volontà e gli intendimenti di Manwë; e spesso i suoi messaggi giungevano agli Uomini per via di correnti e flussi. Ma gli Uomini mancano di perizia in faccende del genere, e tanto più in quei giorni, prima di mischiarsi agli Elfi. Per cui amavano le acque, e i loro cuori ne erano sommossi, ma non ne comprendevano i messaggi.”

Di nuovo una visione Elfo-centrica: la voce del narratore esprime il punto di vista degli Elfi, che si chiedono con curiosità quale sia il destino degli Uomini, per natura mortali, visto che loro, diversamente, vivono per sempre o, in caso se ne provochi innaturalmente la morte, raggiungono le Aule di Mandos:

“Gli Uomini invece erano più fragili, più facilmente uccisi da armi o incidenti, e meno facile ne era la guarigione; erano soggetti alla malattia e a molti morbi, e invecchiavano e morivano. Non sanno gli Elfi che cosa ne sia dei loro spiriti dopo il decesso. V’è chi dice che vadano nelle aule di Mandos; ma il loro luogo di attesa quivi non è lo stesso degli Elfi e, sotto Ilùvatar, Mandos solo, e con lui Manwë, conoscono dove vanno dopo il tempo della radunanza in quelle silenziose aule presso il Mare Esterno. Nessuno è mai tornato dalle case dei morti, con l’unica eccezione di Beren figlio di Barahir, la cui mano aveva toccato un Silmaril; ma in seguito egli mai parlò con Uomini mortali. Può essere che, dopo il decesso, il fato degli Uomini non sia nelle mani dei Valar, né tutto è stato predetto nella Musica degli Ainur.”

Sul destino mortale degli Uomini, visto come dono e opportunità, piuttosto che come elemento negativo, torneremo in un post dedicato all’argomento.

In seguito tuttavia gli Uomini divennero amici degli Elfi Scuri, così detti perché non avevano mai raggiunto Valinor durante la migrazione: non avendo mai avuto contatti con i Valar, anche loro li consideravano come entità lontane e imperscrutabili. Vi fu perciò un lungo tempo in cui Elfi e Uomini strinsero grandi alleanze. Vedremo come Finrod Felagund incontrerà gli Uomini, che lo seguiranno fedelmente e combatteranno per lui: per la riconoscenza verso un Uomo - Barahir - Finrod seguirà il figlio Beren nella sua epica riconquista di un Silmaril, venendo in fine ucciso per difenderlo da Sauron!

Al termine del capitolo però torna quella nota malinconica sulla scomparsa degli Elfi dalla Terra, quasi dovuta agli Uomini che con la loro presenza finirono con il soppiantarli. Ma la speranza viene dal fatto che Uomini ed Elfi in alcuni casi unirono le due Stirpi, generando tra i più grandi eroi che siano mai vissuti:

“In tempi successivi, quando, a cagione del trionfo di Morgoth, Elfi e Uomini si estraniarono, cosa che sommamente quegli bramava, coloro della razza elfica che ancora vivevano nella Terra-di-mezzo declinarono e languirono, e gli Uomini usurparono la luce del sole. Allora i Quendi (gli Elfi, ndr) migrarono nei luoghi solitari delle grandi terre e isole e si affezionarono al lume di luna e stelle, ai boschi e alle caverne, divenendo quali ombre e memorie, salvo coloro che ogni tanto facevano vela per l’Occidente e sparivano dalla Terra-di-mezzo. Ma, all’alba degli anni, Elfi e Uomini erano alleati e si consideravano consanguinei, e vi fu tra gli Uomini chi apprese la sapienza degli Eldar e divenne grande e valente tra i capitani dei Noldor. E la gloria e la bellezza degli Elfi, siccome il loro destino, erano toccati in retaggio ai rampolli di elfi e mortali Eärendil ed Elwing, nonché a Elrond loro figlio.”
 

29) Una guida geografica




In questa mappa è possibile capire meglio la disposizione delle terre in Arda, almeno sino al tempo prima della caduta di Nùmenor.
Le terre a Ovest sono il Reame Beato dei Valar: si possono vedere chiaramente le catene montuose delle Pelóri e la barriera di Isole Incantate poste nel mare dopo l’Occultamento.
Muovendoci verso destra notiamo nel Grande Mare in basso una grossa isola a forma di stella: è Nùmenor, che per ora non esiste ancora e verrà creata in futuro.
Il continente a destra del Mare è la Terra di Mezzo. Una precisazione importante che aiuta a orientarsi per quanto riguarda il concetto di Terra di Mezzo de Il Signore degli Anelli: la Terra di Mezzo descritta in quest’ultimo è solo l’area chiara segnata sulla mappa. La parte segnata con lo stesso colore del mare (come se non esistesse più) è quella in cui si svolgono principalmente le storie de Il Silmarillion: durante l’ultima grande guerra, la Guerra d’Ira, essa fu sprofondata per sempre nel mare.
Dopo la caduta di Nùmenor inoltre l’ubicazione del Reame Beato subirà un mutamento così profondo da alterare addirittura la forma di Arda: fino a prima di tale evento la Terra era… piatta!! Dopo l’affronto di Nùmenor, con il tentativo di conquista nei confronti della terra degli dei, questi decideranno addirittura di “staccare” il Reame dal resto della Terra, ponendolo nel cielo e rendendo il pianeta rotondo, in modo che chiunque cercasse di raggiungere Valinor per mare… finisse per tornare sui propri passi circumnavigando Arda!!! Che il fatto che la Terra sia rotonda perché i Valar hanno deciso di staccare Valinor e renderlo irraggiungibile dal resto del pianeta è un’altra idea pazzesca della cosmogenesi Tolkieniana!
A Frodo e agli ultimi Elfi rimasti, che dopo la Guerra dell’Anello decideranno di lasciare per sempre la Terra di Mezzo, verrà concesso di raggiungere Valinor attraverso la Strada Diritta, l’unico sentiero nel Cielo che consente ancora di raggiungere l’antica terra dei Valar.

28) L’Occultamento di Valinor. I Valar decidono di separare e nascondere Valinor dal resto del Mondo: a nessuno sarà più consentito raggiungere il Reame Beato. Solo in un futuro molto lontano qualcuno di molto speciale potrà infrangere il divieto


 
Morgoth tentò di attaccare Tilion, la Luna, “mandandogli contro spiriti d’ombra, e vi fu contesa in Ilmen sotto i sentieri delle stelle. Ma Tilion ne uscì vittorioso.” A quel punto i Valar decisero di ritirarsi per sempre nel loro Reame Beato e di non curarsi più della Terra di Mezzo, alla quale avevano fornito luce con i due nuovi astri.
I Valar fortificano le pendici delle Pelóri, le loro montagne, rendendole invalicabili. Resta solo il passo del Calacirya, eternamente controllato da sentinelle. Nel vasto mare che in questa era separa Valinor dalla Terra di Mezzo, prima percorribile via nave (come fece Fëanor dopo aver sottratto i vascelli dei Teleri) creano le Isole Incantate, in cui tutti i marinai d’ora in poi si perderanno in incantesimi di smarrimento. Da ora in avanti a nessun essere vivente verrà consentito di porre piede in Valinor. Ma il passo termina con una visione di un evento futuro, che ci svela che un giorno qualcuno di straordinario avrà l’ardire e il permesso (per il suo valore e la sua nobiltà) di raggiungere di nuovo il Reame delle Potenze divine. La profezia che riguarda questo personaggio eccezionale verrà ripetuta più volte lungo tutta la narrazione, sottolineando come dall’unione di stirpi nobili e valorose discenderà questo “prescelto”: sul suo arrivo si fonderanno molti presentimenti e profezie, creando un’aspettativa profetica “sacrale”. (Non anticipiamo altro sul “prescelto” per non rovinare la sorpresa e la suspense che ruotano attorno a questo personaggio).
Ancora una volta il riferimento di Tolkien a “canti” celebrativi di questi eventi, noti a tutti e radicati nella tradizione, ci cala pienamente nel patto narrativo, inducendoci a credere che tutti questi eventi siano realmente accaduti.

“E in quello stesso tempo, che nei canti è detto Nurtalë Valinóreva, l’Occultamento di Valinor, furono fondate le Isole Incantate e i mari attorno a loro vennero riempiti di opacità e smarrimento. E codeste isole erano raccolte come in una rete nei Mari Ombrosi dal nord al sud, e chi navighi verso ovest le incontra prima di Tol Eressëa, l’Isola Solitaria. Difficilmente un vascello poteva passare tra esse, ché nei perigliosi stretti le onde eternamente frusciavano su scure rocce avvolte in bruma. E, al crepuscolo, una grande stanchezza calava sui marinai, e una ripugnanza per il mare; e tutti coloro che mettevano piede sulle isole vi restavano intrappolati, a dormire sino al Mutamento del Mondo. E così accadde che, come Mandos aveva predetto loro in Araman, il Reame Beato fosse precluso ai Noldor; e dei molti messaggeri che in seguito fecero vela per l’Occidente, nessuno mai giunse in Valinor - salvo uno solo: il forte marinaio celebrato nei canti.”

L’Occultamento di Valinor perdurerà anche oltre l’avvento di questo personaggio eccezionale, continuando a negare l’accesso alla terra degli dei: dal tentativo di infrangere questo divieto deriverà la distruzione di Nùmenor, dalla cui stirpe discenderà Aragorn.
 

mercoledì 4 novembre 2015

Tilion, il cacciatore che porta la Luna


"Tilion però era un cacciatore della schiera di Oromë, ed era munito di un arco d’argento. Amante di questo metallo egli era, e quando voleva riposarsi, abbandonava i boschi di Oromë e, portandosi in Lórien, giaceva sognante presso gli stagni di Estë, ai raggi tremuli di Telperion; ed egli implorò che gli fosse affidato il compito di custodire per sempre l’ultimo Fiore d’Argento."

Tilion 

27b) Arien e Tilion, una fanciulla ed un cacciatore divini, condurranno Sole e Luna percorrendo ciclicamente la volta celeste




Non volendo interrompere la bellezza del passo di Tolkien, inserirò prima un commento, con poche citazioni, e lascerò poi la lettura integrale di un estratto del capitolo.

Due figure divine di straordinario fascino vengono incaricati di condurre Luna e Sole: si tratta rispettivamente di Tilion, il cacciatore, e di Arien, la fanciulla spirito di fuoco.
Le spiegazioni “scientifiche” del percorso di Sole e Luna sono talmente poetiche e al contempo “verosimili” da farci desiderare di pensare che davvero lassù ci siano questi due esseri che trasportano i due corpi celesti… e di poter pensare che ogni volta che alziamo gli occhi al cielo stiamo vedendo davvero gli ultimi due frutti di Telperion e Laurelin!

La prima ascesa in cielo dei due astri è un momento di straordinaria, potente bellezza.
Ricordiamo che la Terra in questa fase è piatta! Varda inizialmente vorrebbe che Sole e Luna navigassero in senso opposto da est a ovest, incontrandosi al centro. Però Tilion, il guidatore della Luna, è affascinato dalla bella Arien e vuole inseguirla, per cui non tiene il passo voluto. Inoltre i Valar lamentano che vi sia troppo trambusto in cielo a causa della caccia di Tilion e che le stelle siano oscurate da tutta questa luce. Per questo motivo Varda modifica il percorso dei due e lo rende simile a come è oggi, creando anche il ciclo giorno-notte. Tuttavia Tilion, il cacciatore, cercherà sempre di raggiungere l’amata Arien e questo dà spiegazione del corso irregolare della Luna e addirittura delle eclissi, in un passo bellissimo:

“Tilion, però, procedeva con incerto passo, come fa tuttora, ed era pur sempre attratto da Arien, come sempre sarà; sicché sovente accade che entrambi siano visti assieme sopra la Terra, e che a volte egli tanto le si accosti, che la sua ombra ne esclude la luce, e nel bel mezzo del giorno succeda la tenebra.”

Vengono anche date spiegazioni poetiche su come i due corpi celesti “spariscano” dal cielo sopra la Terra, andando a riposarsi al di sotto di essa, e sul fenomeno luminoso del tramonto nel mare:
“Varda […] concesse un tempo in cui il mondo avesse ancora ombra e mezza luce. Anar (il Sole, ndr) riposava quindi per un tratto a Valinor, giacendo sul freddo seno del Mare Esterno”
“Ma le acque del Mare Esterno furono rese calde da Anar e risplendettero dei colori del fuoco, e Valinor ebbe luce per qualche tempo dopo il passaggio di Arien”

Notevoli anche l’idea secondo cui in realtà la Luna sia sorta prima del Sole - essendo Telperion l’Albero primogenito - e l’associazione del Sole con una figura femminile e della Luna con una figura maschile, antitetica alla nostra visione comune. Come vedremo nel post successivo, l’ascesa del Sole segnerà l’avvento dell’era degli Uomini e il declino delle ere degli Elfi, amanti della notte e delle stelle. Bellissima il collegamento con gli eventi “reali” che conosciamo: queste cose avvengono mentre Fingolfin entra nella Terra di Mezzo, dopo essere stato tradito e abbandonato dal fratello Fëanor. A mio parere la straordinaria efficacia di questo passo è proprio da ricercare nel fatto che questa associazione con eventi “contingenti” fa apparire ancora più reale la nascita dei due astri, e non frutto di pura leggenda mitologica persa nelle antiche sfere del tempo!

Di grande effetto anche le reazioni di Morgoth al sorgere di queste immense fonti di luce. La luce è sempre portatrice di una nuova vita che lentamente comincia a germogliare: ogni volta che una fonte di luce si è mostrata su Arda, i semi di vita che Yavanna pose sulla Terra si risvegliano.
Una piccola nota di malinconia ci ricorda infine che, per quanto Sole e Luna appaiano ai nostri occhi come gli astri più lucenti a noi noti, tuttavia non valgono a pareggiare la luce che fu un tempo degli Alberi. Non conosceremo mai più una simile luce, che non possiamo nemmeno immaginare. La “realtà reale” di Tolkien ci assicura che ancora oggi quella luce sopravvive solo nei Silmaril!

Ed ecco come promesso un estratto del passo, che tuttavia consiglio di leggere interamente:

“Isil il Chiarore, così in antico i Vanyar chiamarono la Luna, fiore di Telperion sbocciato in Valinor; e il Sole lo denominarono Anar, il Fuoco Dorato, frutto di Laurelin. Ma i Noldor li indicavano anche come Rana, il Caparbio, e Vasa, il Cuore di Fuoco che ridesta e consuma, che il Sole è stato posto come segno del sorgere degli Uomini e del declino degli Elfi, laddove la Luna ne serba memoria.
La fanciulla che i Valar scelsero di tra i Maiar per guidare il vascello del Sole era chiamata Arien, e Tilion era colui che guidava l’isola della Luna. Ai tempi degli Alberi, Arien aveva atteso ai fiori d’oro nei giardini di Vàna, adacquandoli con le lucenti rugiade di Laurelin; Tilion però era un cacciatore della schiera di Oromë, ed era munito di un arco d’argento. Amante di questo metallo egli era, e quando voleva riposarsi, abbandonava i boschi di Oromë e, portandosi in Lórien, giaceva sognante presso gli stagni di Estë, ai raggi tremuli di Telperion; ed egli implorò che gli fosse affidato il compito di custodire per sempre l’ultimo Fiore d’Argento. Più possente di lui era Arien la fanciulla, che era stata scelta perché non aveva temuto gli ardori di Laurelin, che nessun male le facevano poiché sin dall’origine era stata uno spirito di fuoco, da Melkor non irretito né sedotto al proprio servizio. Troppo lucenti erano gli occhi in Arien perché persino gli Eldar li fissassero e, lasciando Valinor, essa abbandonò la forma e gli indumenti che a guisa dei Valar ivi aveva indossato, e fu una nuda fiamma, terribile nella pienezza del suo splendore.
Isil venne fabbricato e approntato per primo, e per primo si levò nel reame delle stelle, e fu il più anziano dei nuovi luminari, come Telperion lo era stato degli Alberi. Ed ecco che, per un certo tempo, il mondo ebbe la luce della Luna, e molte cose si sommossero e risvegliarono, che a lungo avevano atteso nel sonno di Yavanna. I servi di Morgoth rimasero sbigottiti, ma gli Elfi delle Terre Esterne levarono all’insù sguardi felici; e mentre la Luna si alzava vincendo la tenebra in occidente, Fingolfin fece dar fiato alle sue trombe d’argento e iniziò la marcia nella Terra-di-mezzo, e le ombre dei suoi seguaci si allungavano nere loro dinanzi.
Tilion aveva attraversato il ciclo sette volte, ed era pertanto nel più remoto oriente, quando il vascello di Arien fu pronto. Allora Anar ascese in gloria, e la prima aurora del Sole fu come un grande fuoco sopra le torri delle Pelòri: le nubi della Terra-di-mezzo ne vennero accese e si udì il suono di molte cascate. E Morgoth restò invero sgomento, e calò nelle più remote pro- fondità di Angband e ritirò i suoi servi, esalando gran fumo e scure nubi per nascondere la sua terra alla luce dell’Astro diurno.
Pertanto, da allora i Valar computarono i giorni, fino al Mutamento del Mondo, secondo l’andare e il venire di Anar. Tilion infatti di rado indugiava in Valinor, ma più spesso sorvolava rapido sulle regioni occidentali, Avathar, Araman o Valinor, sprofondando nell’abisso oltre il Mare Esterno, per poi proseguire da solo tra le grotte e le caverne alle radici di Arda. Quivi sovente a lungo vagava, riapparendo in ritardo.
[…]
Ma né il Sole né la Luna valgono a ricordare la luce di un tempo, quella emanata dagli Alberi prima che fossero tocchi dal veleno di Ungoliant: quella luce oggi sopravvive soltanto nei Silmaril.”
 

27a) I Valar creano la Luna e il Sole dagli ultimi due fiori di Telperion e Laurelin


Questo capitolo è un cristallo perfetto di pura bellezza, per cui consiglio vivamente di leggerlo per intero: Capitolo XI dell’opera originale. Qui verrà diviso in due post (27a,b).

Le scene mitologiche della nascita della Luna e del Sole e le “spiegazioni scientifiche” del perché i due corpi celesti attualmente percorrano queste orbite nel cielo sono a mio parere una delle cose più belle e poetiche che si possano trovare nel panorama letterario mondiale, al punto di farci desiderare che le cose siano andate davvero così.

Ancora una volta torniamo a quell’atmosfera di arcana creazione ancestrale e ancora una volta è straordinario immaginare quale sia stata l’origine dei due più importanti elementi della nostra volta celeste, secondo la visione poetica Tolkieniana. Siamo abituati a pensare a un sistema solare in cui – ovviamente – la nostra Stella e i pianeti tutti, con i loro satelliti, si creano roteando nello spazio contemporaneamente. Non vi è Terra senza Sole e Luna. Nell’immaginifica, fantastica Creazione di Tolkien invece, come abbiamo già detto, possiamo sognare di una Terra senza Sole, immersa in una notte eterna, sotto la luce splendente delle stelle. Ricordiamo che il primo tentativo di illuminare il Pianeta furono i Luminari, distrutti da Melkor (post 4) e che l’unica altra fonte di luce in seguito fu prodotta dagli Alberi di Valinor (post 5), che illuminavano solo il Reame Beato al di là dei Monti Pelori. Dopo la distruzione degli Alberi, nuovamente tutta Arda ripiomba in un buio crepuscolare.
A questo punto i Valar decidono di tentare con tutto il loro potere di rianimare gli Alberi morenti. Il loro desiderio è animato anche dalla preoccupazione di donare luce ad Arda, per proteggere gli Elfi rimasti nella Terra di Mezzo e in vista dell’arrivo degli Uomini, in un’era in cui l’ombra di Morgoth tornerà sempre più maligna.
In una scena struggente, in cui ancora una volta amiamo profondamente gli Alberi, un piccolo miracolo di speranza risorge:

“Manwë ordinò a Yavanna e a Nienna di far ricorso a tutti i loro poteri di crescita e guarigione; ed esse li indirizzarono tutti sugli Alberi. Ma le lacrime di Nienna non valsero a guarirne le ferite mortali; e a lungo Yavanna stette a cantare sola tra le ombre. Pure, proprio mentre la speranza veniva meno e il canto smoriva, Telperion alla fine produsse, da un ramo senza foglie, un unico grande fiore d’argento, e Laurelin un solo frutto d’oro.
Yavanna li spiccò; e poi gli Alberi perirono, e i loro tronchi senza vita ancora stanno in Valinor, memoriale di gioia scomparsa.”

Tutti i Valar collaborano alla creazione e con l’intervento di Varda, la più grande dea del Cielo, un grande dono viene fatto alla Terra. Tolkien ci fa pensare che sia tutto vero, perché cita un noto canto in cui si narrano questi accadimenti:

“Il fiore e il frutto, Yavanna li diede ad Aulë, e Manwë li santificò, e Aulë e la sua gente costruirono vasi in cui tenerli e preservarne la radianza, come si narra nel Narsilion, il Canto del Sole e della Luna. Quei vasi i Valar li diedero a Varda, sì che potessero diventare luminari del cielo tali da eclissare le antiche stelle, essendo più vicini ad Arda; e Varda conferì loro il potere di attraversare le regioni inferiori di Ilmen, e li impulse a correre lungo precisi itinerari, sopra la cintura della Terra, da Occidente a Oriente, per poi tornare.”

Il Sole e la Luna, da Laurelin e Telperion

26) La Prima Battaglia delle Guerre del Beleriand - Melian protegge il Regno del Doriath con una Cintura di Incantesimi.


Siamo al momento in cui Ungoliant uccide gli Alberi e si rifugia nei Monti di Terrore (v. post nro 16). Morgoth raduna un orrendo esercito di Orchi e attacca Thingol: è la prima Battaglia del Beleriand. Thingol viene soccorso da un’altra tra le stirpi di Teleri che durante la migrazione verso Ovest si era attardata nella Terra di Mezzo: i Nandor, sotto la guida di Denethor (da non confondere con Denethor, uomo, padre di Boromir e Faramir, Sovrintendente di Gondor). Purtroppo questo valoroso popolo è armato alla leggera e viene distrutto dall’orda di Orchi: Thingol vendica Denethor personalmente, facendo strage dei nemici ed ammucchiando corpi di Orchi. Dai superstiti del popolo di Denethor naque la schiera dei famosi Elfi Verdi, così detti per il fatto di essere vestiti del colore delle foglie (Legolas era un Elfo Verde, quindi apparteneva alla stirpe dei Teleri).

La pace che regnava tra queste miti stirpi Elfiche è deturpata dal ritorno in forza di Morgoth: le guerre che prendono il loro avvio con questo attacco distruggeranno per ere l’armonia della Terra di Mezzo. Il preavviso dell’orrore che si sta per abbattere sulla Terra di Mezzo, portato dall’orrendo urlo di Morgoth stritolato da Ungoliant, risuona con il cupo eco della morte alle orecchie di questi Elfi, abituati a vivere in un mondo armonioso e pacifico. Ci sembra di vedere il loro sguardo spaventato, mentre drizzano le nobili e fiere orecchie al suono del terribile grido di Morgoth:
“Accadde però, alla fine, che il termine della felicità fosse vicino, e che il meriggio di Valinor stesse avviandosi al crepuscolo […] il grande urlo cacciato da Morgoth echeggiò per tutto il Beleriand, e quivi non fu chi non si facesse piccino per la paura; perché, sebbene non sapessero che cosa presagisse, avevano udito l’araldo della morte.”

Le scene - molto familiari ai fan de Il Signore degli Anelli - degli Orchi che giungono ad infestare in modo deturpante la Terra di Mezzo, orrendi sciami creati nella tenebra e nella sete di morte, come una lenta malattia che si infiltra nel silenzio, hanno qui la loro prima origine:

“Ora, gli Orchi che si moltiplicavano nella tenebra della terra crebbero in forza e in ferocia, e il loro scuro signore li colmò di brama di rovina e morte; ed essi sortirono dalle porte di Angband al riparo delle nuvole inviate da Morgoth e in silenzio penetrarono negli altopiani del nord, donde all’improvviso un grande esercito piombò nel Beleriand e assalì Re Thingol”

Melian, la divina Maia Regina e moglie di Thingol, sa che non vi sarà più pace in queste terre e crea la Cintura: un potente incantesimo che circonda il regno con una barriera impenetrabile, che perdurerà sino al compimento del destino di questo popolo:

“Melian fece ricorso al proprio potere e cerchiò quel dominio tutt’attorno con un invisibile muro d’ombra e smarrimento: la Cintura di Melian, che nessuno in seguito potè oltrepassare contro la sua volontà o quella di Re Thingol, a meno di non essere dotato di un potere maggiore di Melian la Maia. E questa terra interna, che a lungo fu detta Eglador, venne in seguito denominata Doriath, vale a dire il regno vigilato, Terra della Cintura”

Questi eventi accaddero in contemporanea con il deplorevole furto ed incendio delle navi dei Teleri da parte di Fëanor (post 19-20)


Ted Nasmith 

25) Il Regno celato degli Elfi Sindar: Thingol fa costruire Menegroth dai Nani



Il nome Elu Thingol significa Re Mantogrigio, ed è il nome che il popolo di Elfi Teleri rimasti nella Terra di Mezzo alla guida di Elwë diede al proprio sovrano. Questi Elfi presero il nome di Sindar, i famosi “Elfi Grigi”, o Elfi del Crepuscolo. Famosa è infatti la lingua Sindarin.
Siamo nella seconda era della cattività di Melkor (v. post nro. 8 ), dopo che questo era stato condotto a giudizio e incatenato dai Valar, scesi in guerra su richiesta di Iluvatar per liberare gli Elfi dalle oscure vessazioni dell’Avversario.
Melian, la Regina, presagisce che la pace di Arda non durerà ancora a lungo e che Melkor tornerà a dar battaglia. Per questo Thingol chiede aiuto ai Nani e si fa costruire “una regale dimora e un luogo che fosse forte, se mai il male avesse a risvegliarsi nella Terra-di-mezzo”. In cambio dei preziosi insegnamenti di Melian e di splendide perle, i Nani costruiscono Menegroth, le Mille Caverne:

“Dove l’Esgalduin scendeva, dividendo Neldoreth da Region, ivi sorgeva, nel bel mezzo della foresta, un colle roccioso, e il fiume scorreva ai suoi piedi. Quivi essi fecero le soglie dell’aula di Thingol, e costruirono un ponte di pietre sopra il fiume, unica via d’accesso alle porte. Oltre queste, ampi corridoi scendevano ad altre sale e camere ben più in basso, scavate nella viva roccia, tante e così vaste che quella dimora fu detta Menegroth, le Mille Caverne.”
“I pilastri di Menegroth erano scolpiti a guisa dei faggi di Oromë, tronco, rami e foglie, e vi stavano appese lanterne d’oro. Ivi usignoli cantavano, come nei giardini di Lórien; ed erano fontane d’argento e bacini di marmo e pavimenti di pietre multicolori. Figure scolpite di pennuti e animali terrestri correvano sulle pareti o s’arrampicavano sui pilastri ovvero facevano capolino tra i rami inghirlandati di molti fiori. E, col passare degli anni, Melian e le sue ancelle riempirono le sale con drappi tessuti ove erano raffigurate le imprese dei Valar e molte cose accadute in Arda fin dalle origini, nonché ombre di cose ancora a venire. Era quella la più bella dimora di ogni re che mai fosse stata a est del Mare.”

In questo regno si respira la purezza delle cose belle, con cui striderà l’orrore del ritorno del male. L’autore ci fa amare profondamente questi regni elfici adornati dalla grazia e immersi nella pace. In questo modo, quando Melkor/Morgoth giungerà a guastare tutto, noi stessi odieremo acutamente quel male e quella guerra che rappresentano la violenza, la distruzione e l’offesa alle cose buone, belle e armoniose che fioriscono nella pace.
Nasce Luthien, e i fiori sorgono per salutarla come fosse un essere santo, presagendo eventi futuri straordinari:

“le stelle lucenti scintillavano come fuochi d’argento; e lì, nella foresta di Neldoreth, Lùthien fu data alla luce, e i bianchi fiori di niphredil sorsero dalla terra per salutarla a guisa di stelle.”

Ma il tempo inesorabile trascorre verso il ritorno del Male. Esseri malvagi, come lupi e Orchi, cominciano a scendere in scorribande a infestare questa regione. Thingol fa prepare dai Nani ottime armi.

Per un ultimo istante ci soffermiamo a respirare la bellezza del regno di Thingol, in cui ancora, come da un sogno lontano, torna a volte Oromë, ricordandoci di un’era remota in cui gli dei camminavano sulla Terra:
“Nel Beleriand in quei giorni gli Elfi s’aggiravano e i fiumi scorrevano e le stelle brillavano, e i fiori notturni emanavano i loro profumi; e la beltà di Melian era come la luna, e quella di Lùthien come l’aurora in primavera. Nel Beleriand, Re Thingol seduto sul suo trono era come i signori dei Maiar, il cui potere è pace, la cui gioia è come un’aria che essi respirino di continuo, il cui pensiero fluisce come una corrente tranquilla dalle vette alle pianure. Nel Beleriand di tanto in tanto ancora passava a cavallo Oromë il grande, superando come un vento le montagne, e il suono del suo corno calava dalle lontananze stellari, e gli Elfi lo temevano per lo splendore del suo sembiante e il gran rumore della corsa di Nahar; ma quando il Valaróma echeggiava tra i colli, ben sapevano che ogni creatura malvagia era fuggita.”


Menegroth

giovedì 22 ottobre 2015

... mentre lunghi anni venivano scanditi dalle stelle rotanti sul loro capo


“Questa nulla disse; ma, pieno com’era di amore, Elwë venne a lei e le prese la mano e improvvisa una malia fu su di lui, e così rimasero mentre lunghi anni venivano scanditi dalle stelle rotanti sul loro capo; e gli alberi di Nan Elmoth crebbero alti e scuri prima che pronunciassero una sola parola.”

24) Elu Thingol e Melian: l’incontro incantato


 
 
Conosceremo ora un altro personaggio protagonista di queste storie: Thingol. Il suo incontro con la dea Melian è una delle scene più belle, intrisa di arcano incanto. Dalla loro unione nascerà l’essere più bello che abbia mai vissuto in Arda: Luthien, l’Elfa che sposerà un Uomo e riconquisterà un Silmaril. La vicenda di Thingol è indissolubilmente legata a questi Gioielli e vedremo come la sua fine potrà in questo senso essere giudicata.

Torniamo all’epoca in cui le tre stirpi di Elfi seguirono i tre ambasciatori che erano stati in Valinor e che là li avrebbero condotti (v. post nro. 9). Thingol era uno di questi tre ambasciatori: all’epoca il suo nome era Elwë, ed era alla guida della stirpe dei Teleri. Durante la migrazione, un giorno si inoltrò nel bosco di Nan Elmoth e incontrò Melian, la Maia. Melian era un essere divino dalla bellezza indescrivibile, di lei si dice:
“Si narra che i Valar abbandonavano le proprie opere, e gli uccelli di Valinor i loro spassi, che le campane di Valmar tacevano e le fonti cessavano di dar acqua, quando, al mescolarsi delle luci, Melian intonava in Lórien i suoi canti. Usignoli sempre l’accompagnavano, ai quali essa insegnava a cantare; e Melian amava le ombre profonde dei grandi alberi.”

Quando Thingol incontra Melian, in un’atmosfera magica, tra canti di usignoli e luce di stelle, cade come in balia di un incantesimo:
“accadde una volta che passasse solo, al lume delle stelle, per il bosco di Nan Elmoth, e quivi d’un tratto udì il canto di usignoli. Allora un incantesimo scese su di lui, che rimase immobile; e laggiù lontano, oltre le voci dei lómelindi, udì quella di Melian, la quale gli colmò il cuore di meraviglia e desiderio. E dimenticò affatto il suo popolo e i propositi della sua mente e, seguendo gli uccelli nell’ombra degli alberi, penetrò nelle profondità di Nan Elmoth e si sperdette. Alla fine, però, giunse a una radura aperta alle stelle, e qui stava Melian; e dal buio egli la contemplò, e la luce di Aman era sul volto della donna.”

Quel che accade ci rende l’idea di come “Il Silmarillion” tratti di vicende cosmiche, dalle proporzioni immani, con cicli temporali incommensurabili, se confrontati alla normale vita degli uomini:
“Questa nulla disse; ma, pieno com’era di amore, Elwë venne a lei e le prese la mano e improvvisa una malia fu su di lui, e così rimasero mentre lunghi anni venivano scanditi dalle stelle rotanti sul loro capo; e gli alberi di Nan Elmoth crebbero alti e scuri prima che pronunciassero una sola parola.”

Immaginiamo questa scena straordinaria, in cui avviene questo incontro tra due esseri incantati l’uno dall’altra: è la prima scena in cui si narra di un “innamoramento”. L’incontro tra Luthien e Beren ci ricorderà questi passi. La particolarità di questa scena è quel rimanere immobili in silenzio per un tempo immemorabile “mentre lunghi anni venivano scanditi dalle stelle rotanti sul loro capo”. L’amore scaturito dalla visione reciproca crea un incantesimo così forte, che questi due esseri possono restare a contemplarsi in silenzio addirittura per anni. Questo è ciò che accade quando una vicenda d’amore riguarda un essere divino: Thingol, pure un Elfo di grande potere, può vivere in modo fantastico-irreale per anni, senza cibo, senza riposo, impietrito nell’amore per la donna divina. La visione delle stelle che ruotano sul loro capo, degli alberi che crescono loro attorno alti e scuri, ci riempie gli occhi di una sensazione arcana e magica, antica e misteriosa. Anche noi siamo preda dell’incanto, come se assistessimo a un evento sacrale.

La stirpe dei Teleri non ritrovò più Elwë e proseguì il viaggio con Olwë, il fratello. Solo i suoi più cari amici e parenti restarono nella Terra di Mezzo, sperando di ritrovarlo.
Dopo molti anni Elwë effettivamente ricomparì, svegliandosi come da un sogno, e il suo aspetto era cambiato, reso a sua volta al pari di un essere divino:
“Ma quando Elwë si svegliò dal suo lungo stato di torpore, uscì da Nan Elmoth con Melian e andarono a dimorare nei boschi nel cuore della regione. Benché grande fosse il suo desiderio di rivedere lo splendore degli Alberi, nel volto di Melian egli contemplava la luce di Aman come in uno specchio limpido, e di essa si dilettava. Il suo popolo gli si raccolse attorno gioioso e assai stupito: per quanto bello e nobile fosse infatti stato, ora sembrava essere un signore dei Maiar, i capelli color argento, di statura superiore a quella di tutti i Figli di Ilùvatar; e un alto destino lo attendeva.”
 

lunedì 19 ottobre 2015

Aule e i Sette Padri dei Nani


“Allora Aulë prese i Sette Padri dei Nani e li pose a giacere in luoghi remotissimi; e fece ritorno a Valinor e attese, mentre i lunghi anni si svolgevano.”  


23) Flashback. I nani vengono creati in segreto dal Vala Aulë, il fabbro. Iluvatar lo ammonisce e i nani vengono posti a dormire nelle montagne in attesa dell’arrivo degli Elfi.


Ora facciamo un passo indietro, prima del risveglio degli Elfi sulla Terra, all’epoca in cui i Valar ancora plasmavano e creavano Arda. La storia della creazione dei nani è suggestiva e piena di significati. Come tutti sappiamo, questa razza forte e resistente, tenace e indomita è protagonista di tutte le storie più note, da Il Signore degli Anelli a Lo Hobbit, in cui sono al centro della vicenda. Ma da dove vengono i Nani? Sono stati creati da Iluvatar, come gli Elfi e gli Uomini? No, essi sono stati creati da una delle divinità sottoposte a Iluvatar: Aulë, il fabbro che plasmava la terra e le gemme. Quando i Valar erano gli unici abitanti della Terra, Aulë desiderava immensamente avere dei piccoli allievi cui insegnare le proprie arti e non voleva attendere le ere infinite che avrebbero dovuto passare, prima che arrivassero gli Elfi. Perciò lavorò in gran segreto e creò i Nani. Il loro aspetto poco aggraziato era dovuto al fatto che stava “copiando” dalle immagini premonitive che tutti i Valar avevano visto nella loro mente, quando Iluvatar aveva loro mostrato il futuro di Arda e la creazione di Elfi e Uomini: queste immagini tuttavia erano solo sogni vaghi e poco precisi nelle loro menti. Inoltre la forza e la resistenza di cui sappiamo essere dotati i Nani fu loro conferita dal loro creatore, affinchè si difendessero da Melkor. Così Aulë plasmò questi piccoli esseri viventi:
“lavorò in segreto: e produsse per primi i Sette Padri dei Nani in un’aula sotto le montagne della Terra-di-mezzo.”
Tutto felice, cominciò a insegnare ai piccoli Sette il linguaggio che aveva creato per loro. In questo desiderio di creare qualcosa da solo, Aulë mostra lo stesso desiderio di Melkor. Iluvatar si accorge di ciò e rimprovera il Vala, perché si è arrogato il diritto di creare per primo nuovi esseri viventi, senza il permesso di Iluvatar, e soprattutto prima che questo creasse i Primogeniti, gli Elfi. Aulë è grandemente mortificato, si pente e offre le sue creature a Iluvatar. Questo lo rende completamente diverso da Melkor. Pur di porre rimedio alla sua presunzione, arriva a desiderare di distruggere i poveri esseri da lui creati. Ecco il discorso di Aulë:
“Desideravo cose diverse da me, da amare e ammaestrare, sì che anch’esse potessero percepire la bellezza di Eä, da te prodotta. Mi è parso infatti che in Arda vi sia spazio sufficiente per molte creature che in essa possano gioire, eppure Arda è per lo più ancora vuota e sorda. E nella mia impazienza, sono caduto preda della follia. Ma la creazione di cose è, nel mio cuore, frutto della creazione di me per opera tua; e il figlio di torpida mente che riduce a balocco le imprese di suo padre può farlo senza intenti derisori, ma solo perché è il figlio di suo padre. E che cosa farò io ora, per modo che tu non sia irato con me per sempre? Come un figlio a suo padre, io ti offro queste cose, l’opera delle mani che tu hai creato. Fanne ciò che vuoi. O preferisci che io distrugga la fattura della mia presunzione?».
Segue una scena terribile, in cui Aulë affranto decide di distruggere con un martello le piccole creature spaventate. Fortunatamente Iluvatar, che è un Dio buono, evita che ciò accada:
“E Aulë diede di piglio a un grande martello per ridurre in pezzi i Nani; e pianse. Ma Ilùvatar provò compassione per Aulë e il suo desiderio, a cagione della sua umiltà; e i Nani si rattrappirono alla vista del martello e provarono timore, e chinarono il capo e implorarono mercé. E la voce di Ilùvatar disse ad Aulë: «Ho accettato la tua offerta fin dal primo momento. Non t’avvedi che queste cose hanno ora una vita loro propria e che parlano con voci proprie? Altrimenti, non si sarebbero rannicchiate al tuo gesto e a ogni suono della tua volontà».
Tuttavia Iluvatar desidera che gli Elfi siano i Primogeniti sulla Terra, come da lui predestinato, perciò impone ad Aulë che metta a dormire le sue creature, in attesa della nascita degli Elfi. Dal discorso di Iluvatar viene predetto che, come sappiamo, vi saranno discordie tra le stirpi di Elfi e Nani:
“Queste creature ora dormiranno nella tenebra sotto il sasso, e non ne sortiranno finché i Primogeniti non siano apparsi sulla Terra; e fino allora tu ed esse attenderete, per lunga che possa sembrare l’attesa. Ma, quando il tempo sarà venuto, io le risveglierò, ed esse saranno come tuoi figli; e frequenti discordie scoppieranno tra i tuoi e i miei, i figli da me adottati e i figli da me voluti».

Bellissima è la scena in cui Aulë mette a dormire le sue creature:
“Allora Aulë prese i Sette Padri dei Nani e li pose a giacere in luoghi remotissimi; e fece ritorno a Valinor e attese, mentre i lunghi anni si svolgevano.”

Da questa storia possiamo vedere perché associamo queste piccole forti creature alle montagne, sotto le quali scavano interi regni, e all’abilità metallurgica, nella ricerca e produzione di gemme e metalli preziosi, appresa dal dio fabbro.

I Nani, a differenza degli Elfi, e similmente agli Uomini, non sono immortali. Si diceva che una volta morti si ritramutassero in sasso, ma poi fu detto che in realtà anch’essi andavano nelle aule di Mandos, dove Aulë si prendeva cura di loro in attesa della Fine. Le profezie di Tolkien sulla Fine del Mondo ricalcano quelle bibliche. Si parla infatti di un’ “Ultima Battaglia”:
“Avranno allora il compito di servire Aulë e di aiutarlo nella ricostruzione di Arda dopo l’Ultima Battaglia.”
Anche una costellazione creata da Varda preannuncia questo evento apocalittico:
“Menelmacar con la sua cintura scintillante, che preannuncia l’Ultima Battaglia che avrà luogo alla fine dei giorni.”

Gli Ent, i Pastori di Alberi, furono creati a causa dei Nani: Yavanna voleva che gli alberi fossero protetti dalla scure dei figli di Aulë.

Dei Sette Padri, Durin fu il più longevo, tanto da essere soprannominato il Senza Morte: dei suoi discendenti, molti gli assomigliavano tanto da essere chiamati con lo stesso nome: si pensava che fossero reincarnazioni di Durin stesso (Appendice de Il Signore degli Anelli). Dalla sua stirpe discendono moltissimi Nani a noi noti, tra cui il famoso Thorin Scudodiquercia protagonista de Lo Hobbit, i Nani di Moria e Gimli (v. Linea dei Nani compilata da Gimli per Re Aragorn, Appendice de Il Signore degli Anelli).

“E dicono anche che i Sette Padri dei Nani ritornano, per rivivere nei loro discendenti e riprendere gli antichi nomi: e di essi, Durin fu il più rinomato in ere successive, padre di quella stirpe massimamente amica degli Elfi, le cui dimore erano a Khazad-dùm.”


22) Muore Fëanor, il più possente dei Noldor, in battaglia contro Morgoth


 
Faremo ora un salto in avanti di alcuni capitoli del Silmarillion, torneremo sui nostri passi in seguito. La contesa tra gli Elfi e Morgoth sfociò nelle cinque battaglie principali delle “Guerre del Beleriand”, essendo questa la regione più vasta abitata dai Noldor. Della prima parleremo dopo aver introdotto re Thingol. La seconda battaglia del Beleriand è detta Dagor-Nuin-Giliath, Battaglia sotto le Stelle, perché la Luna non era ancora sorta.
Morgoth viene messo in allarme dal clamore delle voci dei Noldor e dalle luci fiammeggianti dell’incendio delle navi, per cui raduna il suo esercito ed assale Fëanor. I Noldor sono “forti e svelti, e mortiferi nell’ira, e le loro spade lunghe e terribili” e hanno la meglio. Tuttavia Fëanor non vuole fermarsi e insegue le orde di Orchi in fuga, pensando di raggiungere lo stesso Morgoth. Il suo impeto travolge tutto, di là dalla ragione: “e rideva forte agitando la spada, rallegrandosi al pensiero di aver sfidato la collera dei Valar e i perigli del cammino, e che era vicina l’ora della sua vendetta. Nulla sapeva di Angband né delle formidabili difese che Morgoth vi aveva in gran fretta apparecchiate; ma, anche se le avesse conosciute, non lo avrebbero distolto, essendo egli forsennato, consumato com’era dalla fiamma della propria ira.”
Morgoth scatena i suoi Balrog, che circondano Fëanor e pochi suoi amici:
“A lungo continuò a combattere senza perdersi d’animo, benché fosse avvolto dalle fiamme e coperto di molte ferite; alla fine, però, fu atterrato da Gothmog, Signore di Balrog, che più tardi venne ucciso in Gondolin da Ecthelion. E sarebbe perito, non fossero proprio in quella giunti al soccorso con altre forze i suoi figli; e i Balrog lo lasciarono e rientrarono in Angband.”
In questo momento tutti speriamo che Feanor si salvi, perché in fondo amiamo la terribile luce del suo animo indomito, riscattato nell’assalto contro l’Avversario, ma le sue ferite sono troppo profonde e il suo tempo su Arda termina in questi istanti:
“Allora i figli raccolsero il padre e tornarono con lui verso Mithrim. Ma come furono vicini a Eithel Sirion, intenti a salire al passo montano, Fëanor ordinò loro di fare alto, ché le sue ferite erano mortali ed egli sapeva essere giunta la sua ora. E dalle pendici degli Ered Wethrin con gli ultimi sguardi contemplò, remote, le cime di Thangorodrim (i monti della fortezza di Morgoth, ndr), suprema tra le torri della Terra-di-mezzo, e seppe, con la preveggenza della morte, che nessun potere dei Noldor avrebbe potuto abbatterle; ma maledisse tre volte il nome di Morgoth, e ingiunse ai suoi figli di tener fede al giuramento fatto e di vendicare il loro padre. Quindi spirò; ma non ebbe né tomba né sepolcro perché così focoso era il suo spirito che, come se ne staccò, il corpo cadde in cenere e fu spazzato via come fumo; e il suo sembiante non è più riapparso in Arda, né il suo spirito ha lasciato le aule di Mandos. Così finì il più possente dei Noldor, dalle cui gesta vennero sia la loro massima nomea, sia le loro più triste sventure.”
Lo spirito di fuoco che ha infiammato tutta la vita di questo straordinario elfo è talmente indomabile ed impalpabile da ridurre in cenere il suo corpo, dopo che la vita lo abbandona. In quest’opera non vedremo più un personaggio simile, per quanto tutte le sorti dei protagonisti ci colpiranno con una forza e un significato profondo, diverso per ciascuno di essi. Nella fiamma che ha dominato tutta la sua esistenza, se ne va Fëanor, un Achille controverso, in perenne conflitto tra il suo Io vorace, che lo ha trascinato in azioni deplorevoli, e la sua luce interiore, che lo innalzava quasi al pari di un semidio.


Approfondimenti - Come i Valar consideravano Fëanor

“Ed essi si rattristavano, non tanto per la morte degli Alberi, quanto per il tralignamento di Fëanor: tra le opere di Melkor, una delle più malvagie. Ché Fëanor era il più possente, in ogni organo del corpo e della mente, per valore come per resistenza, bellezza, intendimento, abilità, forza e acutezza, di tutti i Figli di Ilùvatar, e in lui ardeva una fiamma lucente. Le opere meravigliose che per la gloria di Arda avrebbe potuto altrimenti compiere, solo Manwë in certa misura sarebbe stato in grado di concepirle. E fu detto, dai Vanyar che vegliarono con i Valar, che, allorquando i messaggeri riportarono a Manwë le risposte date da Fëanor ai suoi araldi, Manwë pianse e chinò il capo. Ma all’ultima asserzione di Fëanor, che cioè i Noldor avrebbero per lo meno compiuto imprese destinate a essere cantate in eterno, rialzò il capo, come chi oda una voce lontana, e disse: «Così sia! A caro prezzo quei canti saranno guadagnati, eppure saranno ben meritati. Il prezzo infatti non potrebbe essere un altro. Così, come Eru ci ha detto, una bellezza mai prima concepita apparirà in Eä, e ciò che è male sarà bene per il fatto di essere stato». Mandos però disse: «E tuttavia, male resterà. Ben presto Fëanor verrà a me».”
 
 


Fingolfin attraversa l'Helcaraxe con la sua schiera



"Ed egli e la sua schiera vagarono a lungo nell’indigenza, ma il loro valore e la loro resistenza crebbero con le durezze, poiché erano un forte popolo, i maggiori dei figli immortali di Eru Ilùvatar, ma ultimi a giungere dal Reame Beato e non ancora esausti della stanchezza della Terra"


Crossing Helcaraxe by Belegilgalad su deviantart

21) L’eroico viaggio di Fingolfin attraverso l’inferno di ghiaccio dell’Helcaraxe.



Di contro, cominciamo ad amare questo personaggio meraviglioso che è Fingolfin, il fratellastro nobile e tradito, impavido e valoroso. Le sue imprese saranno tra le più memorabili in assoluto. Sua è la copertina di questa pagina: provate a digitare la parola “Fingolfin” su Google Immagini e vedrete voi stessi il risultato. Ne parleremo a tempo debito.
Fingolfin vede da lontano il rosseggiare di Losgar e capisce di essere stato tradito. L’unica via alternativa è l’Helcaraxe: “[…] all’estremo nord di Arda; e scorsero i primi denti del ghiaccio che galleggiava sul mare, e conobbero di essere vicini allo Helcaraxë. Che tra la terra di Aman che a nord piegava verso est e le rive orientali di Endor (che appartiene alla Terra-di-mezzo), che volgevano invece a occidente, era un angusto stretto, attraverso il quale le algide acque del Mare Accerchiante e le onde di Belegaer confluivano, e quivi erano vaste nebbie brune di freddo mortale, e le correnti marine erano irte di cozzanti colline di ghiaccio e piene dello scricchiolio di ghiacci sprofondati. Tale era lo Helcaraxë, e nessuno ancora aveva osato avventurarvisi, salvo i soli Valar e Ungoliant.”
“E Fingolfin, avvedutosi che Fëanor l’aveva lasciato in Araman, a perire o a tornare pieno di vergogna in Valinor, si sentì il cuore esulcerato; ma più che mai ora desiderava di pervenire, in un modo o nell’altro, alla Terra-di-mezzo e ritrovare Fëanor. Ed egli e la sua schiera vagarono a lungo nell’indigenza, ma il loro valore e la loro resistenza crebbero con le durezze, poiché erano un forte popolo, i maggiori dei figli immortali di Eru Ilùvatar, ma ultimi a giungere dal Reame Beato e non ancora esausti della stanchezza della Terra. Il fuoco dei loro cuori era ancora giovane e, guidati da Fingolfin e dai suoi figli, nonché da Finrod e da Galadriel [sì, proprio la Galadriel de Il Signore degli Anelli! Sono figli di Finarfin, l’altro fratellastro di Fëanor, ndr], osarono avventurarsi nel più crudo Nord; e, non trovando altre risorse, alla fine affrontarono i terrori dello Helcaraxë e le crudeli colline di ghiaccio. Ben poche delle gesta compiute in seguito dai Noldor sorpassarono in ardire e in durezza quel disperato passaggio. Quivi andò perduta Elenwë, la moglie di Turgon, e molti altri del pari perirono; e fu con una schiera ridotta che Fingolfin mise finalmente piede sulle Terre Esterne. Ben poco amore per Fëanor e i suoi figli nutrivano coloro che ancora marciavano dietro di lui e che diedero fiato alle trombe nella Terra-di-mezzo al primo sorgere della Luna.”


20) L’ infamia di Fëanor cresce ulteriormente: tradisce i fratello Fingolfin e brucia le navi dei Teleri

 


Dopo che il furto delle navi è sfociato nelle morti da entrambe le parti, con gli assassini traditori a loro volta puniti dal mare in tempesta, il viaggio procede e i Noldor incontrano una figura scura, forse Mandos in persona, che pronuncia la Profezia del Nord, o Sorte dei Noldor, secondo cui solo dolore, morte e una fine amara saranno per sempre legati alla Casa di Fëanor, colpevole di aver versato il sangue degli innocenti Teleri. Finarfin, fratellastro di Fëanor, torna quindi in Valinor, ma Fingolfin, il fratello, decide di proseguire. Giungono all’Helcaraxë, il deserto di ghiaccio più spaventoso che si sia mai visto. L’unico passaggio alternativo è uno stretto, percorribile via nave. I vascelli rimasti sono tuttavia troppo pochi per poter traghettare tutti, e qui Fëanor compie forse il gesto più ignobile di tutta la sua vita. Nonostante Fingolfin lo abbia seguito, mostrandogli tutta la sua fedeltà nelle avversità – considerando che lo aveva perdonato persino dopo essere stato ingiustamente da lui minacciato – Fëanor decide di tradirlo e lasciarlo indietro, impossessandosi delle navi e traghettando solo lui e la sua famiglia! Quando Maedhros, tra i più valorosi figli di Feanor, ignaro chiede istruzioni per andare a prendere Fingolfin e gli altri, Fëanor ci mostra questo lato di sé così deprecabile, ridendo - quasi impazzito - e dichiarando:
“Ciò che mi son lasciato alle spalle, non lo considero una perdita: inutile fardello lungo la strada, tale si è dimostrato. Che coloro che hanno maledetto il mio nome, continuino a maledirmi, e gemendo se ne ritornino alle gabbie dei Valar! Brucino le navi!». Al che il solo Meadhros si tirò da parte, mentre Fëanor faceva dare alle fiamme le candide navi dei Teleri. E così, in quel luogo che fu detto Losgar, all’imboccatura del Fiordo di Drengist, finirono i più bei vascelli che mai avessero solcato il mare, in un grande incendio lucente e terribile. E Fingolfin e i suoi scorsero la luce laggiù lontano, rosseggiarne sotto le nubi; e seppero di essere stati traditi. Furono quelli i primi frutti del Fratricidio e della Sorte dei Noldor.”
L’infamia appare ancora più sottolineata dal sacrilegio perpetrato alle candide navi cui i Teleri tenevano tanto: il loro sacrificio, la loro morte vengono spazzati via in una beffa, con l’inutilità del tutto e l’offesa finale arrecata alle loro amate navi. È difficile amare Fëanor in questo momento terribile. Il suo valore, il suo coraggio ci fanno desiderare di dare la colpa di tutto quanto accade a Morgoth, tuttavia è impossibile nascondere la scintilla di malvagità e superbia scaturita da lui stesso. Il riscatto della sua anima arriverà alla fine.


Approfondimenti - La Profezia del Nord, o Sorte dei Noldor:

“Quivi scorsero all’improvviso una negra figura starsene alta sopra una roccia precipite sulla spiaggia. V’è chi disse trattarsi di Mandos in persona, araldo, e non dei minori, di Manwë. E udirono una gran voce, solenne e terribile, che comandò loro di fermarsi e aprir bene le orecchie. Allora tutti fecero alto e ristettero immobili, e da un capo all’altro delle schiere dei Noldor fu udita la voce che pronunciava la maledizione e la profezia che è detta la Profezia del Nord nonché Sorte dei Noldor. Molto è predetto in parole oscure, che i Noldor non compresero se non quando le calamità piombarono loro addosso; ma tutti udirono la maledizione fulminata contro coloro che non volessero restare né chiedere il parere e il perdono dei Valar.
«Lacrime innumerevoli voi verserete; e i Valar fortificheranno Valinor contro di voi e ve ne escluderanno, sì che neppure l’eco del vostro lamento varcherà le montagne. Sulla Casa di Fëanor, l’ira dei Valar piomberà da Occidente fino all’Oriente estremo, ed essa sarà anche su tutti coloro che ne seguiranno i membri. Il loro Giuramento li impellerà, e tuttavia li tradirà, per sempre privandoli di quei tesori che hanno giurato di perseguire. A un’infausta fine volgeranno tutte le cose che essi ben cominciano; e questo accadrà per il tradimento dell’una stirpe verso l’altra, e per la paura di tradimento. Gli Spodestati, essi saranno per sempre.
«Voi avete sparso ingiustamente il sangue dei vostri fratelli e avete insozzato la terra di Aman. Sconterete il sangue col sangue, e fuori da Aman dimorerete nell’ombra di Morte. Ché, sebbene Eru vi abbia destinati a non morire in Eä e sebbene le malattie non vi assalgano, pure potete essere uccisi, e uccisi sarete: da armi e tormento e dolore; e i vostri spiriti raminghi verranno poi a Mandos. Ivi a lungo dimorerete bramando i vostri corpi, e troverete scarsa pietà sebbene tutti coloro che avete ucciso impetrino per voi. E coloro che perdureranno nella Terra-di-mezzo e non verranno a Mandos, finiranno per essere stanchi del mondo come di un greve fardello, e deperiranno e diverranno quali ombre di rimorso agli occhi della razza più giovane che verrà. I Valar han detto.»
Molti allora si sgomentarono; Fëanor però corazzò il proprio cuore e disse: «Abbiamo fatto un giuramento, e non è poco. Quel giuramento noi lo manterremo. Ci si minacciano molti mali, e non da ultimo il tradimento; una cosa, però, non ci vien detta: che soffriremo per codardia, per via di codardi o per paura di codardi. Pertanto io dico che proseguiremo, e questo parere sog- giungo: le imprese che compiremo saranno materia di canto fino agli ultimi giorni di Arda».




19) Fëanor provoca il primo eccidio tra consanguinei: il terribile Fratricidio di Alqualondë




Scoppia presto un dissidio tra i Noldor. I fratellastri di Fëanor, Fingolfin e Finarfin, non concordano sulla partenza, ma seguono il fratello. I Noldor tuttavia si dividono tra chi vuole Fëanor come capo e chi preferisce che il titolo di re vada a Fingolfin.
Sebbene i Valar si siano ripromessi di non intralciare il libero arbitrio degli Elfi, all’ultimo un messaggero di Manwë cerca di dissuadere i Noldor:
“«Di contro alla follia di Fëanor, valga questo mio unico consiglio. Non partite! L’ora infatti è sfavorevole, e la vostra strada conduce a pene da voi non prevedute. Nessun aiuto vi verrà dai Valar in questa cerca; ma essi neppure vi ostacoleranno; questo infatti dovete sapere: come siete giunti qui liberamente, liberamente ne ripartirete. Ma tu, Fëanor figlio di Finwë, per il tuo giuramento sei esiliato. Nell’amarezza disimparerai le menzogne di Melkor. »”
Nella sua risposta Fëanor si erge in tutta la sua grandezza, si pone sullo stesso piano degli dei, o addirittura oltre e mostra la potenza e l’ardore che lo inducono a rifiutare, conducendo il suo popolo ad un esilio amaro e coraggioso:

“rivolto all’araldo, gridò: «Di’ questo, a Manwë Sùlimo, Re Supremo di Arda: se Fëanor non può abbattere Morgoth, per lo meno non esita nell’assalirlo, e non se ne sta in preda a oziose recriminazioni. E può essere che tu abbia messo in me fuoco maggiore di quanto tu creda. Tanto danno farò quanto meno all’Avversario dei Valar che persino i possenti che stanno nell’Anello della Sorte resteranno a bocca aperta all’udirlo. Proprio così, e alla fine così mi seguiranno. Addio!».
In quel momento la voce di Fëanor risuonò così vasta e potente, che persino l’araldo dei Valar si inchinò di fronte a lui.”

A questo punto Fëanor realizza che senza l’aiuto di navi non può trasportare tutta la sua gente al di là del mare che li separa dalla Terra di Mezzo. Pensa quindi di convincere i Teleri a unirsi a loro, o perlomeno a prestare loro le navi a forma di cigno. I Teleri tuttavia, miti e assennati, non ne vogliono sapere:
“Erano addolorati invero per la dipartita dei loro consanguinei e vecchi amici, ma piuttosto li dissuadevano che dar loro aiuto; e non erano disposti a prestare navi né ad aiutare a costruirne contro la volontà dei Valar; quanto a loro, non desideravano altra patria che le spiagge di Eldamar”
Il rifiuto scatena l’ira di Fëanor. Ricordiamo come inizialmente i Noldor prestassero con amore la loro opera ai Teleri (cfr. post 10), in modo fraterno e disinteressato. Ora Fëanor giunge a rinfacciare il tutto ai Teleri, con parole cattive e sprezzanti:
“«In capanne sulle spiagge ancora dimorereste, non avessero i Noldor costruito il vostro porto e faticato sulle vostre mura.»”
Dopo una lunga discussione, in cui Olwë, principe dei Teleri, cerca di far ragionare Fëanor, dicendogli che è proprio per la sua amicizia che cerca di dissuaderlo, questi conclude negando le navi: “«le navi sono per noi come le gemme dei Noldor: l’opera dei nostri cuori, di cui mai riusciremo a far l’uguale».”
A quel punto Fëanor apparentemente rinuncia, ma poi procede con il suo piano, passando sopra a tutto e tutti, andando al Porto dei Cigni e cercando di impadronirsi con la forza delle navi. Il tradimento di Fëanor sfocia in un bagno di sangue, ancora più grave di quanto si pensi, nel momento in cui il fratello Fingolfin, con il figlio Fingon, giungendo a dar man forte dalla retroguardia fraintende la scena e crede che siano stati i Teleri ad attaccare i Noldor. La volontà di Morgoth di provocare odio e dissidio dove regnavano pace e armonia, tra i popoli più illuminati della Terra, è soddisfatta:
“Fëanor andò al Porto dei Cigni e prese a far salire i suoi a bordo delle navi ancorate, con l’intento di impadronirsene con la forza. Ma i Teleri gli si opposero, e gettarono a mare molti dei Noldor. Poi spade furono sguainate, e cruenta lotta si ingaggiò sulle tolde e tra i moli e le banchine illuminate dalle lampade del Porto, e persino sul grande arco d’accesso. Tre volte le genti di Fëanor furono respinte, e molti furono uccisi dall’una e dall’altra parte; ma l’avanguardia dei Noldor fu soccorsa da Fingon con i primissimi della schiera di Fingolfin i quali, giungendo sul posto, trovarono che era in corso una battaglia e videro i loro consanguinei cadere, e vi si gettarono prima di essersi resi conto della causa della contesa; alcuni ritennero addirittura che i Teleri avessero tentato di bloccare la marcia dei Noldor su richiesta dei Valar.
E così, alla fine, i Teleri vennero sopraffatti, e gran parte dei loro marinai che avevano dimora in Alqualondë furono crudelmente uccisi. Ché i Noldor erano mossi dalla ferocia della disperazione, e i Teleri avevano forze minori, oltre a essere per lo più armati di fragili archi. Poi i Noldor si impadronirono delle loro candide navi e presero a manovrare i remi meglio che potevano, andando verso nord lungo la costa. E Olwë invocò Ossë, ma questi non apparve, poiché non era consentito dai Valar che la fuga dei Noldor fosse impedita con la forza. Uinen però pianse per i marinai dei Teleri; e il mare si levò incollerito contro gli assassini, sì che molte delle navi furono infrante e quelli a bordo di esse annegarono.”
 

18) L’infuocato discorso di Fëanor contro i Valar e il folle giuramento: lui e i suoi discendenti perseguiranno sino alla fine del mondo chiunque osi impossessarsi dei Silmaril




Ancora una volta i Silmaril vengono imprigionati nel ferro, che ora è la corona di Morgoth. Rilucono circondati dal buio e dal nero che circondano l’oscuro signore. Vediamo che il gioiello diviene lentamente per Morgoth un “angoscioso fardello”, come diverrà l’Anello per tutti coloro che lo porteranno:

“in Angband, Morgoth forgiò per se stesso una grande corona di ferro, e si autonominò Re del Mondo. A prova del che, incastonò i Silmaril nella propria corona. Le sue mani erano nere di ustioni per via del contatto con quei sacrosanti gioielli, e nere sempre rimasero; né mai più Morgoth si liberò del dolore delle scottature e dell’irritazione che gliene veniva. La corona, mai se la tolse di capo, benché il suo peso divenisse angoscioso fardello.”
“a lungo sopravvisse la sua maestà siccome uno dei Valar, sebbene volta in terrore, e di fronte alla sua faccia tutti che non fossero i potentissimi precipitavano in un buio abisso di paura.”

Fëanor, infrangendo il divieto di tornare nella sua città, convoca tutti i Noldor e li esorta fieramente ad abbandonare il reame benedetto per fare ritorno alla Terra di Mezzo, tuttavia le sue parole sono piene di superbia e offese nei confronti delle Potenze. Pronuncia quindi il giuramento che legherà la sorte di tutti ai Silmaril, fino al compimento di questa storia:

“quella notte pronunciò di fronte ai Noldor un discorso che essi mai dimenticarono. Fiere e impetuose erano le sue parole, ridondanti di collera e orgoglio; e, all’udirle, i Noldor furono colti da pazzia. L’ira e l’odio di Fëanor andavano soprattutto a Morgoth, eppure quasi tutto ciò che diceva era frutto delle menzogne di Morgoth stesso”

“«perché mai dovremmo ancora servire i gelosi Valar, incapaci di difendere, non solo noi, ma persino il loro stesso regno dal loro Avversario? La vendetta mi chiama lontano da qui, ma anche se fosse altrimenti non dimorerei più nella stessa terra con la schiatta dell’uccisore di mio padre e del ladro del mio tesoro. […] Qui un tempo era luce, che i Valar lesinavano alla Terra-di-mezzo, mentre ora l’oscurità tutto livella. Dobbiamo starcene qui con le mani in mano, a cacciar lai per sempre, popolo delle tenebre, abitatori di brume, versando vane lacrime nel mare ingrato? O non conviene piuttosto tornare nella nostra patria? In Cuiviénen dolci scorrevano le acque sotto stelle non velate, e ampia la terra si stendeva attorno, su cui un libero popolo poteva aggirarsi. Là stanno ancora e attendono noi che, nella nostra follia, le abbiamo abbandonate. Andiamocene di qui! Lasciate che i codardi restino in questa città!»

“Quindi Fëanor pronunciò un terribile giuramento. I suoi sette figli balzarono pronti al suo fianco, e insieme fecero identica promessa, e rosse come sangue balenarono le loro spade sguainate al lume delle torce. […] giurando di perseguire con vendette e odio, sino ai termini del Mondo, Vala, Demone, Elfo e Uomo ancora non nato, e ogni creatura, grande o piccola, buona o cattiva, che il tempo avrebbe gettato nella successione dei giorni, la quale osasse prendere, tenere o conservare un Silmaril di loro proprietà.”
 

mercoledì 14 ottobre 2015

17) Feanor si rifiuta di consegnare i Silmaril per fare rinascere gli Alberi! Ungoliant tenta di stritolare Melkor per brama dei Silmaril.




Yavanna tenta inutilmente di rianimare gli Alberi, quindi dice ai Valar che l’unica speranza per riuscirci è nella luce dei Silmaril. Si avvera così l’insinuazione di Melkor, sebbene per motivi ben diversi: i Valar chiedono davvero a Feanor i Silmaril.
“Allora parlò Manwë e disse: «Hai udito, Fëanor figlio di Finwë, le parole di Yavanna? Sei disposto a fare ciò che ha chiesto?».
Seguì un lungo silenzio, ma Fëanor nulla disse. Poi Tulkas gridò: «Parla, Noldo, di’ sì o no! Ma chi opporrebbe un rifiuto a Yavanna? E forse che la luce dei Silmaril non è frutto della sua opera iniziale?».”
“Fëanor però aprì bocca, e lo fece gridando amareggiato: «Io potrei spossessarmi dei miei gioielli, ma mai più li rifarei; e, se devo infrangerli, spezzerò il mio cuore e ne morrò, primo di tutti gli Eldar di Aman».
«Non il primo» replicò Mandos”, con una oscura profezia.
La brama di Feanor per i suoi gioielli è tale da indurlo a considerare i Valar “una cerchia di nemici”. Le parole di Melkor attecchiscono nella sua mente, inducendolo addirittura a considerare le Potenze come ladri e a insultarli:
“ ”Già, chi meglio di un ladro può riconoscere altri ladri? “ E quindi, ad alta voce: «Non lo farò di mia spontanea volontà, ma se i Valar mi ci costringeranno, ecco che io saprò per certo che Melkor è della loro stessa schiatta».”

E Melkor, giunto a casa di Fëanor per sottrarre i Silmaril, vi trova il padre di lui, Finwe, Re dei Noldor, e lo uccide brutalmente, spargendo il primo sangue che sia mai stato versato nella terra benedetta. Ecco svelato il significato delle parole di Mandos!
“Allora Fëanor si levò e, alzando la mano al cospetto di Manwë, maledisse Melkor chiamandolo Morgoth, cioè Nero Nemico del Mondo”, e anche noi da ora non useremo più altro nome.

Nel frattempo Morgoth è in fuga con Ungoliant, ma l’orrore del mostro che ha voluto evocare finisce col rivoltarglisi contro! Ungoliant pretende che venga mantenuta la promessa di darle luce e tesori di cui nutrirsi, compresi i Silmaril, e tenta di strangolare Morgoth. Sentiremo il suo urlo terribile riecheggiare nelle nostre orecchie:

“E allora, volente o nolente, Morgoth le consegnò le gemme che portava con sé, una a una, mugugnando; ed essa le divorò, e la loro bellezza scomparve dal mondo. Ancora più brutta e scura divenne Ungoliant, ma la sua brama era insaziata. «Con una mano sola hai dato,» disse «soltanto con la sinistra. Apri la destra.»
Nella destra, Morgoth teneva stretti i Silmaril e, benché fossero chiusi in uno scrigno di cristallo, avevano cominciato a ustionarlo, e il suo pugno chiuso era dolente; ma non voleva aprirlo. «No!» esclamò. «Hai avuto il tuo. Perché la tua opera è stata compiuta grazie al potere che io ho messo in te. Non ho più bisogno di te. Queste cose tu non le avrai né le vedrai. Saranno mie per sempre.»
Ma Ungoliant era divenuta grande, ed egli s’era rimpicciolito per via del potere che aveva ceduto; ed essa gli si levò contro, e la sua nube gli si serrò attorno, e Ungoliant lo avvolse in una rete di corregge avvinghianti con l’intento di strangolarlo. Allora Morgoth diede in un terribile urlo e ne riecheggiarono i monti. Ragion per cui la regione fu chiamata Lammoth, poiché gli echi della sua voce vi dimorarono per sempre, sì che chiunque gridasse alto in quella terra li risvegliava, e l’intero deserto tra le alture e il mare si riempiva di un clangore come di voci angosciate. L’urlo lanciato da Morgoth a quel punto fu il più alto e il più spaventoso che mai si fosse udito nel mondo settentrionale; tremarono i monti, e la terra tremò, e rocce si fendettero. Fin nelle profondità di luoghi dimenticati, il grido fu udito.”

I Balrog, richiamati dall’urlo, giungono a liberare il padrone. Ungoliant fugge e in seguitò darà origine all’orrenda progenie da cui nascerà Shelob. La fine di Ungoliant, persa nella leggenda, è l’orribile conseguenza di una fame insaziabile, che giungerà letteralmente a divorare la sua stessa natura:
“altre sconce creature aracneiformi vi avevano avuto dimora fin dai giorni in cui era stata scavata Angband, ed essa si accoppiò con loro e le divorò; e anche quando Ungoliant si fu dipartita, per andarsene chissà dove nel dimenticato sud del mondo, i suoi rampolli ivi abitarono,tessendovi le loro orride tele. Della sorte di Ungoliant, nessun racconto da notizia. Pure, v’è chi ha detto che sia perita molto tempo fa, quando, nella sua insaziabile fame, fini per divorare se stessa.
 

16) Melkor si allea con la gigantesca aracnide Ungoliant e uccide gli Alberi sacri!




La straordinaria grandezza di questo passaggio dell’opera potrà risuonare solo nelle parole dell’autore, per cui vi auguro buona lettura per quei passi che sceglierò di trascrivere nella loro completezza.

Melkor fugge, ancora una volta inseguito da Tulkas e Orome, ma riesce a raggiungere una regione del sud che si chiama… Avathar (!!!), dove ha posto la propria dimora Ungoliant, un ragno femmina gigantesco (da cui discenderà la Shelob de Il Signore degli Anelli):
“di luce aveva sete e insieme la odiava. In un burrone viveva, e assumeva forma di ragno dall’aspetto mostruoso, tessendo le sue negre tele in un crepaccio tra i monti. Quivi succhiava tutta la luce che riusciva a trovare, e poi la filava in scure reti di soffocante tetraggine, finché nessun’altra luce poteva penetrare nella sua dimora; e allora era colta da fame.”
Melkor trama con lei la vendetta e per convincerla le dice:
“«Fa’ come ti ho detto; e se avrai ancora fame quando tutto sarà fatto, io ti darò tutto ciò che la tua brama possa esigere. Proprio così, e a piene mani». A cuor leggero pronunciò tale promessa, come del resto sempre faceva; e dentro di sé rise. Così il grande ladro preparava l’esca per il minore.”
Il buio ed il vuoto sono gli elementi che hanno caratterizzato Melkor sin dai primi istanti, e così:
“Un mantello di tenebra Ungoliant tessè dunque attorno a loro due, allorchè con Melkor si mise in cammino: un Buio in cui le cose sembravano più non essere, e che l’occhio non poteva penetrare, poichè era vuoto.”

Assistiamo impotenti all’inarrestabile, mostruosa, ritmata arrampicata del gigantesco insetto:
“Poi, lentamente, svolse le sue reti: fune per fune, da crepaccio a crepaccio, da spuntone roccioso a pinnacolo liteo, sempre salendo, strisciando e aggrappandosi, sino a raggiungere la sommità della Hyarmentir, la montagna più alta in quella regione del mondo”

I Valar sono nel frattempo radunati con tutti gli Elfi in una grande festa. In questa occasione Feanor si riconcilia con il fratello Fingolfin, che, nobile e fedele, dichiara che lo seguirà sempre come una guida. Tuttavia vediamo che Fëanor ormai non vuole nemmeno più mostrare i Silmaril ad alcuno e li tiene chiusi in una stanza di ferro (che, con la sua freddezza e amarezza, quanto ci appare come una triste prigione per quei gioielli vivi, che dovrebbero splendere per tutti alla luce).

La terribile scena in cui Melkor e Ungoliant si avventano sugli Alberi e li distruggono è dipinta con l’epico e tragico contrasto di luce e buio che si avvicendano, della la vita sacra che viene strappata, profanata e prosciugata orribilmente dal fetido mostro. Il climax che Tolkien crea in un crescendo di violenza deturpante si scioglierà poco dopo nel buio, calmo silenzio della rovina.

“Si narra che, mentre Fëanor e Fingolfin erano di fronte a Manwë, si verificò la mescolanza delle luci, poiché entrambi gli Alberi splendettero e la silente città di Valmar fu ricolma di una radianza d’argento e oro. E proprio in quell’ora, Melkor e Ungoliant venivano di fretta sopra i campi di Valinor, così come l’ombra di una negra nube portata dal vento scivola sulla terra soleggiata; e giunsero davanti al verde tumulo Ezellohar. Poi il Buio di Ungoliant
salì fino alle radici degli Alberi, e Melkor balzò sul tumulo; e con la sua nera spada percosse fino al midollo ambo gli Alberi, li ferì a fondo, e la linfa ne sgorgò quasi fosse sangue, e si sparse sul terreno. Ma Ungoliant la succiò e, andando poi di Albero in Albero, accostò il suo nero becco alle loro ferite, fino a essiccarli affatto; e il veleno di Morte che era dentro di lei penetrò nei loro tessuti e li imbozzacchì, radici, rami e foglie; ed essi morirono. Ma la sete di Ungoliant non era ancora saziata, ed essa andò ai Pozzi di Varda e li prosciugò; e mentre beveva, eruttava neri vapori, gonfiandosi fino ad assumere forma così vasta e orrenda, che Melkor ne fu spaventato.”

L’avida, oltraggiosa fame del mostro arriva a profanare anche i Pozzi della dea Varda, in cui venivano raccolte le sante rugiade di luce degli Alberi. Non ne resta più nulla. La voracità del mostro è talmente incontrollabile che persino Melkor ne è travolto e spaventato!

E’ giunto l’ottenebramento di Valinor. Tutta la terra benedetta di Aman ripiomba in un freddo buio, che persisterà sino alla nascita del Sole e della Luna. La Tenebra che si genera sembra dotata di vita propria, e le parole di questo passo risuonano in un notturno pieno di un silenzio interrotto solo dalle strida di un paesaggio marino:

“Così, la grande tenebra piombò su Valinor. Dei fatti di quel giorno molto si narra nell’Aldudénië, composto da Elemmìrë dei Vanyar e noto a tutti gli Eldar. Ma nessun canto né narrazione potrebbe capire in sé tutto il dolore e il terrore che ne discesero. La Luce mancò; ma la Tenebra che le fece seguito fu ben più che la sua perdita. In quell’ora si formò infatti una Tenebra che sembrava, non già mancanza, bensì una cosa dotata di vita propria, prodotta in verità com’era, malvagiamente, mediante la Luce, e aveva il potere di trafiggere l’occhio e di penetrare cuore e mente e di soffocare la volontà stessa.
Varda guardò giù da Taniquetil e scorse l’Ombra montare in abrupte torri di cupezza; Valmar era sommersa in un profondo mare notturno. Ben presto la Sacra Montagna si levò, sola, ultima isola in un mondo annegato. Ogni canto cessò. Vi fu silenzio in Valinor, e nessun suono poteva udirsi, salvo che, da lungi sulle ali del vento, per il passo dei monti, giungeva il lamento dei Teleri simile allo stridio freddo di gabbiani. Perché da est in quell’ora alitò algore, e le vaste ombre del mare rotolarono contro le mura della riva.”